La Zona Speciale di Conservazione del Gran Sasso è stata individuata e perimetrata, come Sito di Interesse Comunitario, nel lontano 1995 sulla base di un’enorme mole di ricerche scientifiche che hanno accertato la presenza di specie e habitat definite di particolare interesse comunitario sulla base della Direttiva 43/92/CE.
Pertanto la Stazione Ornitologica Abruzzese e Italia Nostra L’Aquila stigmatizzano le polemiche circa i confini della stessa non solo come strumentali e pretestuose ma anche del tutto infondate dal punto di vista tecnico.
Nel 1995 la Regione Abruzzo affidò a un gruppo di esperti, molti dei quali professori e ricercatori dell’Università di L’Aquila, il lavoro di individuazione delle aree aventi le caratteristiche ambientali richieste dalla Direttiva Comunitaria.
Le zone che hanno questi valori naturalistici devono obbligatoriamente essere protette secondo quanto stabilito dalle norme europee fin dal 1992. Chi parla di aree antropizzate evidentemente ignora che a pochi metri dalle piste di sci di Campo Imperatore si sviluppano numerosi habitat di prateria e di ghiaione rarissimi a livello comunitario in cui vi sono comunità vegetali sempre più minacciate. Lì vivono specie di animali di interesse comunitario.
Chi oggi contesta eventuali questioni di trasparenza e partecipazione in questo iter evidentemente non sa che già nel 2000 la Giunta regionale Pace assegnò alle province il compito di rivalutare i confini. In quell’occasione si svolsero anche partecipati tavoli di confronto con i portatori d’interesse. Alla fine in Abruzzo non solo furono confermati i confini ma si aggiunsero altri tre SIC non precedentemente individuati! Se qualcuno allora è stato disattento dovrebbe intanto fare autocritica e poi ammettere che le grandi politiche di respiro continentale non possono essere certo rimesse in discussione ogni anno.
Non basta. Nel 2013 la Regione destinò 3,5 milioni di euro per la redazione dei Piani di Gestione delle aree Natura2000. Stiamo parlando di documenti che contenevano non solo le misure di conservazione della biodiversità, cioè i vincoli, ma anche numerose misure di supporto alle comunità locali, anche per accedere a specifici fondi comunitari. Peccato che questi piani non siano mai stati approvati definitivamente per la miopia della politica regionale. Quindi sono rimasti i vincoli ma non sono state sfruttate appieno le misure di sviluppo da milioni di euro, ovviamente compatibili con questo patrimonio.
I politici che oggi parlano a sproposito attaccando i valori della biodiversità spesso sono stati i protagonisti in negativo delle occasioni perse per garantire tutela della fauna e della flora e accesso ai fondi comunitari.
Arriviamo a situazioni schizofreniche come quelle del Consigliere Pietrucci del PD che parla di necessità di ridurre le aree da tutelare sul Gran Sasso, peraltro in un Parco nazionale, quando nelle stesse settimane il suo partito a L’Aquila raccoglie le firme per contrastare il taglio dal perimetro della Riserva del Borsacchio a Roseto.
Per SOA e Italia Nostra il vero tema è quello di rispondere alla sfida della gestione di questo patrimonio paesaggistico e naturalistico unico con scelte appropriate. Al Colosseo si fa una discoteca o si promuovono eventi culturali?
Piste da sci e nuovi impianti significano ruspe e cemento che distruggono il patrimonio da proteggere, peraltro proposti in piena epoca di riscaldamento globale.
Promuovere pacchetti turistici che sfruttano il fascino e il silenzio di Campo Imperatore si può fare con una programmazione adeguata e poi mettendo sul campo personale preparato. E’ possibile che al parcheggio di Campo Imperatore ancora oggi non vi sia un’accoglienza di alto livello rivolta a chi arriva in quota, magari guide con qualche depliant anche per filtrare il turismo della domenica, a parte le problematiche della funivia che già da sole basterebbero a far capire che forse è il caso di affrontare prima le questioni di base?
Come mai se uno va a novembre in un parco nazionale in Croazia, per dire, nel mezzo della settimana trova i torpedoni dei turisti giapponesi che poi visitano l’area protetta su una semplice passerella di legno e a Campo Imperatore, a due ore da Roma, non vi è nessuno?
Evidentemente non si comprende che il silenzio e la magia di Campo Imperatore sono un valore che non può essere svilito con motoraduni, invasioni di camper e magari con un qualche DJset. Queste forme di fruizione invasive dovrebbero essere viste come una palla al piede al turismo, non certo l’obiettivo da perseguire.
Quali pacchetti vengono strutturati e offerti alla platea internazionale per presentare Campo Imperatore per quello che è, un luogo unico in Europa per paesaggio e biodiversità? Non converrebbe organizzare e indirizzare l’accesso alla piana e alle alte quote, almeno in determinati periodi e orari, con navette e guide locali come si fa in tantissime aree protette del mondo che funzionano egregiamente?