Sulle spiagge abruzzesi compaioni i primi ombrelloni, ma le incertezze per una nuova stagione che parte, sotto buoni auspici sul piano dell’interesse e delle presenze, sono diverse.
E vertono essenzialmente su due fattori: la proroga delle concessioni disposta dai sindaci fino alla fine dell’anno (ma che per l’authority potrebbe non aver valore), la diffida ad avviare le gare per la vendita delle concessioni, che in alcune zone dell’adriatico (Veneto) è già iniziata. E poi ci sono gli aspetti anche organizzativi, con l’obbligo di assicurare la vigilanza a mare già a partire dagli ultimi due fine settimana di maggio, con i concessionari e la coop che gestisce il servizio nel litorale nord alle prese con la carenza di personale.
L’Autorità ritiene che la proroga in favore dei precedenti concessionari disposta dai Comuni sia in violazione delle norme e dei pronunciamenti del Consglio di Stato. In poche parole, bisogna mettersi in moto per avviare le aste delle concessioni come sta accadendo in Veneto e come, con ogni probabilità, sarà fatto in Emilia Romagna in autunno.
L’esempio Caorle. Da alcuni anni una ventina di comuni italiani hanno costituito una società consortile senza scopo di lucro che, partecipando a una procedura di evidenza pubblica, ottiene la concessione balneare per gran parte del litorale di competenza della singola amministrazione municipale. Questi comuni hanno creato tra loro un’associazione che argutamente hanno chiamato “G20 spiagge”.
Il comune di Caorle: con circa 11 mila abitanti, invece di applicare le norme vigenti in materia di concessioni balneari, ha adottato la soluzione “G20 spiagge”: senza ripartire il litorale in diversi lotti, ciascuno destinato a essere dato in concessione a un’impresa interessata, il Comune ha promosso la costituzione di una società consortile, senza scopo di lucro, alla quale partecipano centinaia di operatori locali che direttamente o indirettamente hanno interesse allo sviluppo dell’area dal punto di vista turistico.