Il 23 maggio la Commissione Europea ha deciso di deferire l’Italia (procedura INFR(2021)2223) alla Corte di giustizia dell’Unione europea per non aver correttamente recepito la direttiva che istituisce un quadro per la pianificazione dello spazio marittimo (Direttiva 2014/89/UE).
La direttiva definisce un approccio comune che consente ai paesi dell’UE di pianificare e organizzare in modo sostenibile le attività umane nelle zone marine. L’obiettivo di una pianificazione adeguata è conseguire vari obiettivi ecologici, economici e sociali, ad esempio lo sviluppo di un’economia blu sostenibile, l’uso sostenibile delle risorse marine, la conservazione di ecosistemi marini sani e il mantenimento della biodiversità. Il corretto recepimento della direttiva è essenziale per conseguire gli obiettivi del Green Deal europeo.
La direttiva imponeva agli Stati membri costieri di elaborare piani di gestione dello spazio marittimo entro e non oltre il 31 marzo 2021 e di comunicarli alla Commissione e agli altri Stati membri interessati entro tre mesi dalla loro pubblicazione. L’Italia, tuttavia, non ha ancora elaborato né presentato alla Commissione i propri piani di gestione dello spazio marittimo. Pertanto, a seguito dell’invio di una lettera di costituzione in mora nel dicembre 2021 e di un parere motivato nell’aprile 2023, la Commissione deferisce oggi l’Italia alla Corte di giustizia dell’UE.
“Si tratta di una decisione gravissima, che scaturisce dall’inerzia anche del governo Meloni sulla questione dello spazio marittimo”, sottolinea il parlamentare abruzzese, Luciano D’Alfonso. “La politica della tela di Penelope ha dato questi frutti: l’Unione Europea ci denuncia per comportamento omissivo in merito a una direttiva precisa. Tale deferimento si aggiunge alla procedura di infrazione avviata nel novembre scorso dall’UE contro l’Italia per l’inosservanza della direttiva Bolkestein.
Come ho chiesto più volte, ribadendolo anche nell’interrogazione a risposta scritta presentata al
governo il 14 maggio scorso, è necessario indire le gare con l’individuazione di criteri ben definiti
per consentire ai tanti operatori onesti di vedere riconosciuti l’avviamento della propria attività e gli investimenti fatti nella stessa. Le direttive europee – in particolar modo la 2014-89-UE –
incoraggiano in questa direzione la tutela condivisa e partecipata dello spazio marittimo
corrispondente alla terra ferma delle nostre spiagge.
Si potrebbero ritagliare dei livelli territoriali ottimali e, inquadrato il tipo di gara da esperire, si potrebbero stabilirne le regole, tenendo conto del valore delle gestioni precedenti, inserendo punteggi differenziati sulla base della qualità dei servizi, della sostenibilità sociale e ambientale, della sostenibilità del piano degli investimenti in relazione alla tipologia della concessione da gestire e della capacità di interazione del progetto da valutare con il complessivo sistema turistico ricettivo del territorio locale”.