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TeramoPrima Pagina

Si è tolto la vita in carcere Giuseppe Santoleri

Condannato per uxoridicio di Renata Rapposelli

Si è tolto la vita nella notte, nel carcere di Teramo, Giuseppe Santoleri, 77 anni, condannato a 18 anni per omicidio e occultamento di cadavere della moglie, Renata Rapposelli.

“L’uomo sembra che si sia soffocato nel suo letto. A nulla sono valsi i soccorsi. L’uomo, 74 anni, si trovava nella sezione destinata ai detenuti per reati a grande riprovazione sociale del carcere di Castrogno per aver concorso con il figlio Simone, esecutore materiale del delitto, all’occultamento del cadavere dell’ex moglie nel maceratese nel 2017”.

Lo afferma Gennarino De Fazio, segretario generale della UILPA Polizia Penitenziaria.

Si tratta del quarantatreesimo deternuto che si è tolto la vita, dall’inizio dell’anno, nelle carceri italiane.

IL SAPPE “Alle 7 il compagno di cella ha subito chiamato il poliziotto di servizio. Immediatamente sono scattati i soccorsi nel disperato tentativo di salvargli la vita, ma a nulla sono valsi gli sforzi profusi”, spiega Giuseppe Pallini, segretario del Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria.

“Per quanto si è potuto apprendere, si tratta di un soggetto ristretto che non è mai stato protagonista di intemperanze ed ha sempre osservato diligentemente le regole penitenziarie. Pertanto, nulla poteva far presagire una condotta autolesiva da parte sua”.

Il sindacalista evidenzia che “episodi simili, in un certo modo, portano con sé il fallimento del sistema penitenziario, talvolta incapace di intercettare il disagio dei più fragili che vedono nell’estremo gesto l’unica via d’uscita. Siamo costernati ed affranti: un detenuto che si toglie la vita in carcere è una sconfitta per lo Stato e per tutti noi che lavoriamo in prima linea”.

Per il Segretario Generale Donato Capece, si rendono sempre più necessari gli invocati interventi urgenti suggeriti dal SAPPE per fronteggiare la costante situazione di tensione che si vive nelle carceri italiane: “Si potrebbe ipotizzare un nuovo sistema penitenziario articolato su tre livelli: il primo, per i reati meno gravi con una pena detentiva non superiore ai 3 anni, caratterizzato da pene alternative al carcere, quale è l’istituto della “messa alla prova”; il secondo livello è quello che riguarda le pene detentive superiori ai 3 anni, che inevitabilmente dovranno essere espiate in carcere, ma in istituti molto meno affollati per lo sgravio conseguente all’operatività del primo livello e per una notevole riduzione dell’utilizzo della custodia cautelare. Il terzo livello, infine, è quello della massima sicurezza, in cui il contenimento in carcere è l’obiettivo prioritario”, evidenzia il leader del SAPPE.

“Nell’ambito delle prospettive future occorre dunque che lo Stato, pur mantenendo la rilevanza penale, indichi le condotte per le quali non è necessario il carcere, ipotizzando sanzioni diverse, ridisegnando in un certo senso l’intero sistema, anche perché il sovraffollamento impedisce di fatto la separazione dei detenuti. E la Polizia penitenziaria, che riteniamo debba connotarsi sempre più come Polizia dell’esecuzione penale oltreché di prevenzione e di sicurezza per i compiti istituzionali ad essa affidati dall’ordinamento, è sicuramente quella propriamente deputata al controllo dei soggetti ammessi alle misure alternative”, conclude Capece.

“Santoleri è stato ammazzato dallo Stato italiano, dalle lungaggini processuali e dall’incuria ed inadeguatezza dell’Istituto carcerario”.

Così l’avvocata dell’uomo, Federica Di Nicola, dopo che il suo assistito, Giuseppe Santoleri – condannato in via definitiva a 18 anni di reclusione, si è tolto la vita in carcere. L’uomo, insieme con il figlio Simone aveva ucciso e poi occultato il cadavere dell’ex moglie, la pittrice Renata Rapposelli. Il delitto avvenne nel 2017 nella casa dei Santoleri in Abruzzo, a Giulianova (Teramo), ma il corpo della donna di 64 anni fu ritrovato nelle Marche, nel fiume Chienti a Tolentino.
Da tempo malato, il 74enne aveva chiesto – finora invano – di poter essere trasferito in una struttura alternativa al carcere.
Detenuto nell’area ‘protetta’ della casa circondariale teramana di Castrogno, secondo i primi accertamenti si sarebbe strangolato con l’aiuto della struttura che circondava il suo letto. La Procura di Teramo ha aperto un’indagine sull’accaduto: è stata disposta l’autopsia.
“Era un uomo malato – prosegue la Di Nicola – anziano sfinito da un vissuto logorante. Un uomo le cui condizioni di salute si sono appalesate incompatibili con la detenzione carceraria. Per questo ho lottato per ottenere la concessione di una misura alternativa alla detenzione, con istanza depositata il 18 gennaio scorso presso il Tribunale di sorveglianza dell’Aquila: avevo trovato una struttura in Selva di Altino (Chieti) idonea a garantire a Giuseppe cure necessarie ed adeguate. Il Tribunale di sorveglianza, noncurante delle precarie condizioni di salute del Santoleri ha disposto ben tre rinvii di udienza (primo aprile; 6 giugno e 18 luglio). Il mio assistito mi aveva preannunciato che non avrebbe aspettato l’udienza del 18 luglio, ma avevo cercato di confortarlo e rassicurarlo, promettendogli che sarebbe stato l’ultimo rinvio”.
“Ho tentato di accelerare i tempi- prosegue l’avvocatessa – rivolgendomi anche al garante dei detenuti, il quale ha ovviamente omesso di riscontrare le mie richieste, ho sollecitato il carcere a una maggiore attenzione, ho cercato di muovere a pietà i giudicanti, ma tutto ciò è stato inutile, perché Giuseppe non ha avuto la forza di aspettare. Mi sento fortemente affranta e delusa, come donna e come avvocata, tutti i miei tentativi di aiutare Giuseppe si sono rivelati inutili”.

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