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Crisi per l’arrosticino d’Abruzzo: obiettivo il marchio IGP

L’allevamento ovicaprino in Abruzzo è in profonda crisi, ogni giorno chiudono stalle e la nuova Pac ha accelerato il fenomeno azzerando l’aiuto comunitario”.

 

A segnalarlo è il direttore di Confagricoltura Abruzzo, Stefano Fabrizi, in un passaggio del documento che l’associazione presenterà alla 3/a Commissione (Agricoltura) del Consiglio regionale a sostegno del riconoscimento del marchio Igp per l’Arrosticino Abruzzese da oltre tre anni in fase istruttoria presso il ministero dell’Agricoltura.

“Se non fosse stata una strenua lotta – si legge nel documento – promossa da Confagricoltura Abruzzo e fatta propria dal vicepresidente del Consiglio regionale Emanuele Imprudente e dalla direttrice del Dipartimento Elena Sico a questo punto sarebbe stata messa la parola fine alla nostra millenaria tradizione che, a oggi conta meno di 150 mila pecore a fronte degli oltre tre milioni della Sardegna.

Occorre dare atto al vicepresidente e alla direttrice di aver ben negoziato nella Conferenza Stato regione e di aver tamponata la situazione recuperando un 70/% di aiuti con i fondi del CSR”.
Confagricoltura Abruzzo si oppone alla risoluzione della Commissione per il ‘Riconoscimento Dop Arrosticino Abruzzese’ ritenendo “velleitario parlare di creare una filiera della DOP sia per mancanza di materia prima, sia per mancanza dei requisiti qualitativi e quantitativi, proprio perché i nostri allevamenti si sono specializzati nella produzione del latte, relativi prodotti trasformati e agnelli e solo pochi producono la carne destinata alla produzione degli arrosticini”.

Secondo Confagricoltura “il rischio più grave è che altre regioni potrebbero chiedere ed ottenere il riconoscimento comunitario con gravissimi e irreparabili danni alla nostra economia, penalizzando il settore della trasformazione fatto di aziende locali che hanno raggiunto, con la loro professionalità, livelli qualitativi notevoli e conquistato il mercato italiano ed estero”.

“Da punto di vista commerciale – si sottolinea nel documento – è il riconoscimento del marchio comunitario il volano delle nostre migliori eccellenze, la Patata del Fucino IGP è un clamoroso esempio, nel giro di 7/8 anni i volumi commercializzati hanno raggiunto i 350 mila quintali ed il territorio del Fucino è divenuto l’areale più importante d’Italia. Purtroppo, dobbiamo ricordare gli scarsi successi ottenuti sia dalla Dop dello Zafferano dell’Aquila, sia dalle tre Dop regionali dell’olio Evo”.

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