Pescara. Si contraddicono le versioni di uno degli indagati per l’omicidio di Thomas Cristopher Luciani e di uno dei testimoni ascoltati dalla squadra Mobile della polizia di Pescara.
E’ il quotidiano Il Centro a riportare la ricostruzione dei fatti esposta da uno dei due minorenni in stato di fermo per l’uccisione del 16enne di Rosciano, avvenuta domenica pomeriggio in un parco pubblico del centro. Il giovane, nel corso dell’interrogatorio, avrebbe accusato l’altro indagato di aver sferrato le coltellate.
“Il ragazzo stava a terra, sdraiato su un lato. L’amico che era con me ha visto la scena e se ne è andato. Io sono rimasto là, ero bloccato, e dopo un po’ me ne sono andato pure io. Poi siamo andati alla Croce del Sud, io sono rimasto sotto l’ombrellone con la mia fidanzata”, sono le dichiarazioni riferite da Il Centro, che ripercorrono quanto avvenuto dopo l’omicidio, con il gruppetto di giovani che da via Raffaello si è diretto nello stabilimento balneare della vicina riviera Nord.
Dichiarazioni, però, che contrasterebbero con quelle del testimone chiave per gli inquirenti e presente a quella che viene tratteggiata come una spedizione punitiva nei confronti di Thomas, in debito di circa 250 euro da restituire per una piccola dose di droga da fumare.
E’ lui ad aver avvisato la polizia, domenica sera, dopo aver realizzato la reale gravità dell’accaduto. “Ero allibito, volevo fermarli ma non sapevo come fare. Sembrava che non ci stessero più con la testa”, ha detto il giovane, aggiungendo: “Nonostante l’accaduto siamo andati al mare a fare il bagno” e lì uno dei due presunti assassini “si è disfatto del coltello che aveva avvolto in un calzino sporco di sangue, lasciandolo dietro agli scogli”.
Dalle testimonianze fornite dai presenti, inoltre, si sarebbe appurato anche che, oltre al coltello usato per sferrare 25 colpi, l’altro arrestato avrebbe portato con se anche una pistola: elemento negato dall’accusato che, invece, alla polizia avrebbe riferito all’alba di ieri: “Ieri pomeriggio ci eravamo accordati per andare al mare” con il gruppo di amici presenti al parco, “Ci siamo visti nei pressi della stazione e”, riferendosi all’altro accusato, “ha trovato casualmente questo ragazzo che conosceva. Io non lo avevo mai visto. So che doveva dei soldi” all’altro indagato “come egli stesso mi ha detto. Gli doveva circa 300 euro ma non so per quale motivo, presumo per debiti di droga”. Quindi, in una sorta di scarico di responsabilità, il minorenne afferma che l’amico si sarebbe appartato a parlare con Thomas: “Noi li avevamo a vista ma non sentivamo quello che si dicevano”, fin quando lo stesso amico avrebbe chiesto all’intero gruppo di accompagnarli al parco: “Siamo passati dalla stazione, dai silos, dai parcheggi, e siamo arrivati al parco. Ci faceva segno di stare un po’ indietro rispetto a loro. Al parco si sono appartati e noi ci siamo seduti”.
Ed è lo stesso giovane ad affermare che l’amico aveva il coltello, negando invece di essere lui armato di pistola. Quel coltello che, il testimone chiave, ha raccontato essere stato passato di mano da i due dopo la prima decina di colpi sferrati, per accanirsi sul corpo di Thomas che, a terra, si rantolava, fino a colpirlo ben 25 volte, per poi lasciarlo tra i cespugli e tornare al mare.
L’indagato, agli inquirenti avrebbe raccontato di non ricordare nulla e di non aver riferito niente al resto del gruppo su richiesta dell’altro indagato che, a suo dire, avrebbe anche spento una sigaretta in faccia a Thomas, da lui trovato a terra nel vicolo, già fermo a terra senza lamentarsi: “Non siamo usciti dalla stradina da dove siamo entrati, ma da quella che ha il cancello.
Tra rapporti e debiti con la vittima negati, smentite davanti alla visione dei fotogrammi di alcune videocamere di sorveglianza e risposte non fornite, dopo l’interrogatorio gli indagati attendono di comparire, in settimana, davanti al gip del tribunale per i minori dell’Aquila per la convalida del fermo.
Altri dettagli emergono dai verbali degli interrogatori: “Diceva che per lui era diventata una questione di rispetto”, afferma il testimone riferendosi a uno dei due accusati, in credito da Thomas di 250 euro. Secondo la ricostruzione, il gruppo dei ragazzi si è incontrato alla stazione centrale di Pescara e da lì sono andati al Parco Baden Powell: uno dei due ragazzi indagati aveva già il coltello. Quando, durante l’interrogatorio, viene chiesto ai ragazzi testimoni perché uno dei due, pur non avendo nessun credito nei confronti della vittima e non conoscendolo neanche abbia preso il coltello e abbia sferrato anche lui dei fendenti su Thomas a terra, la risposta è stata “perché sono amici”. Dai verbali emerge che il ‘creditore’ era un piccolo spacciatore come anche la vittima.
Sull’uso di stupefacenti, come probabile concausa dei fatti, uno dei testimoni è stato chiaro: “Io non ho fumato stupefacenti. Mentre eravamo insieme non hanno fatto uso di sostanze stupefacenti. In seguito hanno fumato erba, ma non io”. Dai verbali degli interrogatori dei giovani testimoni emerge, inoltre, che i due avrebbero raccontato delle coltellate agli amici, non si sa se per vantarsi.