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Abruzzo

Fondi per l’industria della neve in Appennino. WWF: è giusto continuare a destinare fondi pubblici?

Il Consiglio dei ministri di due giorni fa ha approvato lo stanziamento di 13 milioni di euro a sostegno del turismo nei comuni ricompresi nei comprensori sciistici della dorsale appenninica colpiti dalla diminuzione delle presenze turistiche, causata dalla mancanza di precipitazioni nevose, nel periodo che va dal 1° novembre 2023 al 31 marzo 2024. Le risorse saranno destinate alle imprese turistiche operanti nei comuni dell’Appennino con aree sciistiche che nella stagione 2023/24 hanno subito una riduzione dei ricavi non inferiore al 30% rispetto a quelli registrati nella stagione 2021/22.

 

Ancora una volta le perdite di un settore economico vengono così ripianate con le tasse dei cittadini secondo la migliore tradizione della privatizzazione degli utili e della pubblicizzazione delle passività.

Ma quello che è più grave è che si continua a far finta che il cambiamento climatico non stia ormai avendo effetti diretti sulla nostra vita e sull’economia.

A causa della mancanza di neve e delle alte temperature, la scorsa stagione i comprensori sciistici abruzzesi hanno aperto in ritardo, sono rimasti per lunghissimi periodi inattivi e alcuni non hanno operato neppure un giorno. Anche dove si è ricorso all’innevamento artificiale, che consuma enormi quantità di acqua e ha dai costi economici e ambientali molto elevati, l’innalzamento delle temperature non ha comunque garantito le condizioni di sciabilità delle piste.

Nonostante questo – sempre con fondi pubblici, ovviamente – si continuano ad ampliare piste e a creare impianti da risalita che non funzioneranno mai, devastando territori che in parte rientrano anche in aree naturali protette nazionali ed europee.

Fin dai primi Anni 2000, il WWF Abruzzo, attraverso il dossier “Cambiamenti climatici e declino del circo bianco”, propose alla politica regionale e agli operatori del settore una riflessione sulla necessità, vista la crisi climatica in atto, di riconvertire le stazioni sciistiche investendo sul turismo sostenibile e valorizzando lo straordinario patrimonio di biodiversità della nostra regione.

Si sono persi 20 anni – durante i quali la crisi climatica si è ulteriormente aggravata – continuando a buttare denaro del contribuente su imprese che puntualmente registrano perdite di esercizio ripianate solo grazie a fondi pubblici.

È ovvio che non si può abbandonare un intero settore economico che comunque impiega un numero, ancorché limitato, di lavoratori, ma gli stessi fondi pubblici che si è continuato a investire negli impianti da risalita, nelle piste da sci, in impianti di innevamento artificiale e in parcheggi in alta quota si sarebbero potuti investire in un piano di adattamento che prevedesse la riconversione del settore verso forme di turismo nuove, meno impattanti sull’ambiente e sicuramente in prospettiva più redditizie.

I 13 milioni di euro promessi dal Governo nazionale – che suddivisi tra tutti i comprensori sciistici dell’Appennino rappresentano un contributo comunque limitato per il singolo operatore – sono solo gli ultimi delle centinaia e centinaia di milioni che organismi nazionali ed enti regionali e locali continuano a investire in un settore che deve ormai fare i conti con l’innalzamento delle temperature che le politiche scellerate degli ultimi decenni hanno prima negato e poi rifiutato di affrontare.

Non è arrivato il momento di cambiare direzione?

E se non lo si vuole fare per l’ambiente e per le future generazioni – di cui evidentemente a qualcuno non importa nulla – non lo si dovrebbe fare almeno per motivi economici?

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