Ferragosto nelle carceri. A Pescara detenuti provocano incendio, a Teramo sorpreso a telefonare
Giornata intense, quelle di Ferragosto, nelle carceri abruzzesi di Pescara e Teramo: lo denuncia il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziario. A Pescara, spiega il segretario provinciale SAPPE Giovanni Scarciolla, “nella serata del 14 agosto, cinque detenuti di origine magrebina, già resisi promotori di altre situazioni e dinamiche analoghe, si sono barricati in segno di protesta all’interno della propria cella, distruggendola totalmente e appiccando un incendio.
Per fortuna, è stato tempestivo è stato l’intervento degli agenti di Polizia Penitenziaria che, nel ripristinare l’ordine e la sicurezza e spegnere l’incendio, sono stati aggredire violentemente on graffi, pugni, calci e colpire con armi rudimentali”. Il sindacalista spiega che “nonostante tali difficoltà si è riuscito con il prezioso intervento degli agenti a ripristinare la situazione, fatta eccezione per 4 agenti di polizia penitenziaria (di cui uno privo di conoscenza trasportato con il 118 al nosocomio cittadino riportando una lussazione alla spalla e diversi punti di sutura al gomito con una prognosi di 20 giorni); gli altri agenti hanno riportato trauma alla mano , alla spalla e frattura alla mano con prognosi di 15 , 10 e oltre 30 giorni”. “Poteva essere una tragedia per la follia e l’irresponsabilità dei cinque detenuti”, conclude Scarciolla, “ma per fortuna gli eroici poliziotti penitenziari hanno evitato peggiori conseguenze”.
“A Teramo, invece, nel giorno di Ferragosto, nel primo pomeriggio, con un blitz, gli agenti hanno beccato in carcere, in flagranza di reato, un detenuto magrebino mentre telefonava con un cellulare all’interno della propria stanza detentiva del circuiti media sicurezza”, informa il segretario provinciale SAPPE Giuseppe Pallini. “Il SAPPE si compiace con gli agenti per l’operazione effettuata togliendo dalla disponibilità della criminalità un oggetto per compiere illeciti”.
E’ amara ed impietosa la denuncia del SAPPE per voce del Segretario Generale Donato Capece: “Aspettano forse che qualcuno lanci una pistola dentro al carcere o che succeda una tragedia prima di porre rimedio a queste incredibili falle che, se si fosse ascoltato il SAPPE per tempo, si sarebbe potuto evitare all’origine, ovvero quando il centro commerciale era ancora in costruzione? Ed è possibile che non si possano schermare le celle delle carceri, i cortili ed i saloni dove i detenuti svolgono attività, all’uso dei telefoni cellulari come invece avviene in moltissime se non tutte le carceri europee?”. Per il leader del primo e più rappresentativo dei Baschi Azzurri, è necessario intervenire sulla carenza di organico, sulle aggressioni al personale di Polizia penitenziaria, sull’adeguamento delle risorse contrattuali e la dotazione del Taser e della tecnologia a supporto della sicurezza. Per questo evidenzia che “da tempo, come SAPPE, denunciamo le inaccettabili violenze che si verificano nelle carceri della Nazione: dal 2023 si sono registrati 1.760 casi di violenza e 8.164 atti di minaccia, ingiuria, oltraggio e resistenza”. Capece evidenzia i problemi connessi alla gestione dei detenuti stranieri (“da espellere per scontare la pena nelle carceri dei Paesi di provenienza”), di quelli tossicodipendenti e degli psichiatrici, che non dovrebbero stare in carcere ma in Comunità adeguate: “La loro presenza comporta da sempre notevoli problemi sia per la gestione di queste persone all’interno di un ambiente di per sé così problematico, sia per la complessità che la cura di tale stato di malattia comporta. Non vi è dubbio che chi è affetto da tale condizione patologica debba e possa trovare opportune cure al di fuori del carcere e che esistano da tempo dispositivi di legge che permettono di poter realizzare tale intervento”. Infine, il leader del SAPPE ha ribadito la necessità “di potenziare gli uffici per l’esecuzione penale esterna attraverso le articolazioni territoriali della Polizia Penitenziaria, con personale opportunamente formato e specializzato”. “Di fatti, secondo il Sappe, è proprio questa la mission futura dell’esecuzione penale, che dovrà concentrare tutti i propri sforzi sulle misure alternative alla detenzione che si prevede potranno interessare decine e decine di migliaia di affidati”, conclude.