Riceviamo e pubblichiamo
Mia suocera, che risiede a Montesilvano, martedì 31 dicembre si reca in farmacia per effettuare la misurazione della pressione. Premessa, ha vari problemi di salute (in primis è cardiopatica). Avendo riscontrato valore pressorio alto e battito accelerato (in sostanza il cuore era in fibrillazione) il farmacista le consiglia di andare quanto prima in ospedale. Insieme a mia moglie l’accompagno al pronto soccorso del SS. Annunziata di Chieti nonostante l’ospedale più vicino fosse quello di Pescara. Il motivo per cui non ci rechiamo nel capoluogo adriatico è presto detto: vicissitudini precedenti. Infatti, tra le tante sventure capitate, ce n’è una del ’99. Qui, nel reparto di medicina fu ricoverato mio suocero; il suo problema di salute fu evidentemente sottovalutato, non fu curato al meglio. Infatti, mio suocero entrò da vivo, uscì da morto. Responsabilità accertata e confermata dopo la causa conseguente ad una nostra denuncia.
Torniamo al racconto di quanto accaduto il 31 dicembre. Intorno alle 11,30 arriviamo al pronto soccorso dell’ospedale di Chieti dove lascio mia suocera e mia moglie (è lei che mi ha poi raccontato i fatti che riporto). In accettazione spiegano il problema; di lì a poco la paziente viene chiamata per i primi esami (misurazione della pressione, elettrocardiogramma). Mia moglie chiede di poter entrare per tranquillizzare la madre particolarmente agitata. Accesso negato. Ora comincia l’avventura… La paziente viene fatta accomodare in sala d’aspetto con il “codice blu differibile”. Da precisare, sono tanti gli utenti presenti. Riguardo al personale sanitario in servizio, il numero è scarso (come da prassi direi). Circa due ore dopo, mia suocera viene chiamata per essere indirizzata in altra area, ossia, “pronto soccorso codici verdi e bianchi”.
Annotazione: lì fa tanto freddo. Passano altre due ore; l’unica dottoressa lì presente si affaccia per comunicare ai pazienti di ritornare da dove erano venuti. Il motivo? Aveva avuto una chiamata per un intervento urgente presso altro ospedale (mia moglie non ricorda se fosse Vasto o Lanciano). A questo punto, dietrofront per tutti, ritorno dall’altra parte. Qui mia moglie si rivolge all’accettazione per sapere quali siano i tempi. Le viene risposto che c’è da rimettersi in coda poiché le persone arrivate nel frattempo avevano adesso la priorità. I tempi? Probabilmente tra le 6 e le 8 ore di attesa. A quel punto, decisione di mia suocera, abbandono del pronto soccorso per fare ritorno a casa (con tutti i rischi conseguenti). Altra annotazione: nelle ore di permanenza al pronto soccorso sono state diverse le lamentele da parte dei pazienti; lamentele dovute appunto al trattamento e ai tempi di attesa. Per i suddetti motivi anche qualcun altro ha abbandonato il pronto soccorso. Andiamo avanti. Passati due giorni, siamo quindi al 2 gennaio, mia suocera torna in farmacia per ricontrollare la pressione sanguigna e il battito cardiaco.
Situazione preoccupante. Quindi, visita dal medico di famiglia il quale le consiglia di recarsi nuovamente al pronto soccorso. A questo punto si opta per l’ospedale Mazzini di Teramo. Accompagnata dalle figlie (c’è pure mia moglie) parte per questa nuova avventura. Appena arrivate si intuisce che forse la “musica” è diversa rispetto all’ospedale di Chieti. Paziente presa in carico in pochissimo tempo per effettuare i primi esami e controlli. Da precisare, a mia moglie viene concesso di entrare per poter assistere la madre. Nell’area triage la paziente è sottoposta a misurazione della pressione, prelievo di sangue, elettrocardiogramma. Passa pochissimo tempo, viene trasferita in una stanza attigua in cui è collegata ad un apparecchio per essere monitorata. Da questo momento le figlie vengono fatte accomodare in sala d’aspetto. Altra annotazione: regolarmente le familiari della paziente vengono aggiornate dalla dottoressa di turno e dagli infermieri in merito alla situazione. Nel tardo pomeriggio, dopo averle somministrato soluzione tramite flebo e la situazione si è normalizzata, mia suocera viene dimessa. Altra nota: durante la permanenza al pronto soccorso dell’ospedale di Teramo tutto il personale ha dimostrato professionalità, disponibilità, umanità.
Per quanto riguarda Chieti, non esprimiamo giudizi in merito alla professionalità. La cosa da evidenziare lo scarso numero di operatori sanitari e quindi i tempi biblici e la pessima organizzazione. Questo è gravissimo. Questo non dev’essere un problema, questo non dovrebbe mai verificarsi. Conclusione: l’assessore regionale alla sanità è a conoscenza di queste problematiche? E il presidente di regione? Se la risposta è affermativa, considerando che sono ormai in carica da diversi anni, forse dovrebbero vergognarsi. Se invece la risposta è negativa, se non sanno cosa accade nei vari pronto soccorso, a maggior ragione, doppia vergogna. Ma forse vivono in un altro mondo; loro probabilmente non sanno cosa significhi fare la fila al pronto soccorso, anche per problemi di salute importanti. E attendere ore, giornate, prima di una visita. Concludo: questi sono gli amministratori che abbiamo, questi sono gli amministratori che probabilmente meritiamo di avere. In fondo, loro sono il nostro specchio. (lettera firmata)