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Teramo

Palazzo Sanità a Teramo, le reazioni politiche

Le idee post abbattimento

“L’amministrazione comunale di Teramo è chiamata ad operare scelte importanti per il futuro della città; tra queste c’è certamente il confronto su palazzo della sanità che, è bene ricordare però, non è di proprietà del Comune ma della Regione (precisamente dell’Arta) e della Provincia. La posizione del Partito Democratico, frutto di confronto all’interno del Gruppo consiliare, è stata già espressa. Palazzo della sanità è ad un isolato dalla Cattedrale e da Piazza Martiri, è figlio di anni in cui le esigenze erano altre e spesso, purtroppo, hanno prodotto ferite vistose. Oggi abbiamo la possibilità di ridare respiro ad una piazza a lungo soffocata da un edificio estraneo al contesto urbanistico in cui fu realizzato. Riconsegnare Piazza Martiri Pennesi alla sua originaria vocazione di spazio aperto vuol dire non soltanto far riemergere il bello, nel suo significato profondo, ma anche valorizzare, armonizzare e rilanciare una porzione importante del centro storico della città, restituendole la funzione di luogo pubblico e centro di aggregazione”.

Per la segretaria Pamela Roncone e il gruppo consiliare Pd, “La Provincia, da nostre interlocuzioni con il Presidente, è da subito disponibile ad abbracciare il percorso descritto, la scelta definitiva spetta ora all’Arta e alla Regione e per questo sollecitiamo la minoranza comunale di centro destra, che è maggioranza in Regione e che pure si è espressa a favore della demolizione del palazzo della sanità e contro la sua ricostruzione, a facilitare il dialogo con la maggioranza regionale affinché permetta, rinunciando al progetto di ricostruzione, il recupero di Piazza Martiri Pennesi”.

Per Manola Di Pasquale, “Non basta discutere se abbattere il Palazzo della Sanità per creare una nuova piazza. Non è sufficiente chiedersi dove costruire il nuovo ospedale o se mantenere o meno il vecchio stadio. Sono tutte questioni legittime, ma isolate. Teramo ha bisogno di una discussione più ampia, più alta, più coraggiosa: una visione complessiva di futuro. La città sta vivendo una fase storica delicata, in bilico tra il rischio dell’irrilevanza e la possibilità di una rinascita. Una città che nel tempo ha progressivamente perso i suoi riferimenti istituzionali, sociali, culturali e sanitari, rischiando oggi di smarrire definitivamente la propria identità. Una dopo l’altra sono venute meno presenze fondamentali: la caserma degli Alpini, la sede della Camera di Commercio, diversi uffici statali tra cui l’Ufficio del Genio Civile, la sede Inpdap, l’archivio notarile, la sezione distaccata della Corte d’Appello dell’Aquila, e numerosi sportelli periferici di enti centrali. A questi si aggiunge la progressiva scomparsa delle sedi degli enti bancari storici, che avevano rappresentato per decenni un punto di riferimento per cittadini, imprese e famiglie. Non meno grave è il declino del nucleo industriale. In parallelo, si è affievolita anche la luce dell’artigianato teramano, fatto di botteghe, laboratori, antichi mestieri tramandati nel tempo. Un’eccellenza identitaria del territorio, che andava dal ferro battuto alla ceramica artistica, dalla lavorazione del legno alla produzione tessile, e che oggi fatica a sopravvivere. Molti cittadini si sono spostati verso la costa, attratti da servizi più accessibili. Nel frattempo, Pescara si è rafforzata come polo metropolitano, e L’Aquila, grazie ai fondi della ricostruzione e alla recente designazione a Capitale italiana della Cultura 2026, è tornata a essere un centro di riferimento culturale e istituzionale. Teramo rischia di restare schiacciata tra due realtà in crescita, diventando sempre più periferica.Eppure, Teramo ha una storia importante. Occorre ora uno scatto d’orgoglio. Serve una visione. Teramo deve decidere cosa vuole essere nei prossimi decenni: una città della cultura e dell’università? Un polo sanitario rinnovato? Una città industriale? Una cerniera tra costa e aree interne?”.

 

 

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