Biodigestore a Teramo, “Cronoprogramma da fantascienza, sindaco non dice la verità” VIDEO
L'associazione Ambiente e Sicurezza torna all'attacco sottolineando le lacune del progetto

L’associazione Ambiente e Sicurezza Città di Teramo, tramite l’avvocato e presidente Antonella D’Angelo Gallo, è tornata questa mattina a sottolineare le presunte lacune sulla realizzazione del biodigestore della Teramo Ambiente in contrada Carapollo.
Carte alla mano, quelle che l’amministrazione non mostra neanche in question time e dietro l’unica (!!) richiesta di chiarimenti da parte di Berardo Rabbuffo, consigliere della Lega, l’associazione ha puntato il dito non solo sul cronoprogramma fantascientifico che, entro il 2026, per evitare di perdere i fondi PNRR, dovrebbe portare la struttura a vedere la luce. Agli atti saranno infatti necessari 315 giorni lavorativi più altri dieci con inizio però ancora da definire. Prima, infatti, c’è da bonificare l’area e non sarà un’opera semplice: dovrà essere bonificato il suolo, il sottosuolo e le falde acquifere ma, su indicazione della Provincia, tutto ciò che viene tolto deve essere reimpiantato.
La prescrizioni Aia ricevute si concentrano maggiormente proprio sulla bonifica dell’area “contaminata” e non è la sola contestazione, se così si può chiamare, tanto che per l’associazione “sono così tante che i termini non potranno essere rispettati. Il sindaco di Teramo tratta questa questione con leggerezza perché sono soldi pubblici ed è un grosso errore”.
Per l’associazione non esiste poi un piano dei lavori, poiché tutto sarebbe fermo alla progettazione preventiva commissionata ad uno studio di San Benedetto del Tronto per la cifra di 800mila euro, ma del progetto esecutivo non ci sarebbe ancora traccia.
L’avvocato D’Angelo Gallo, a nome dell’associazione, è tornata inoltre a chiedere anche un incontro pubblico all’amministrazione comunale, carte alla mano, soprattutto per rispondere a tutta una serie di domande per obbligo di chiarezza verso la cittadinanza: “È una questione fumosa e impantanata”, ha ribadito.
Non solo. L’associazione ha anche richiesto di fare accesso agli atti per verificare l’omologazione del ponte a catena, strada principale di accesso a Carapollo: secondo vecchi dirigenti, con parere raccolto dall’avvocato, il ponte sarebbe stato omologato per sostenere un peso massimo di due tonnellate e mezzo, “un suv in pratica”, mentre lì transitano mezzi di peso molto superiore dopo l’ordinanza che indica con cartellonistica un peso massimo consentito di quattro tonnellate. Non appena si avrà risposta dalla polizia municipale, partirà l’esposto.