Violenza di genere, le iniziative dell’amministrazione comunale di Chieti
Sindaco, assessore Zappalorto e Di Loreto: “Il centro segue sempre più donne, segno che le vittime di abusi li denunciano e chiedono aiuto. Ora più che mai ha senso agire insieme per cambiare le cose”
Chieti. Sono due le giornate di eventi e incontri che il Comune, Assessorato alle Pari Opportunità e il Centro antiviolenza Donna Alpha di Chieti metteranno in campo in occasione della Giornata internazionale contro la violenza alle donne. Si comincerà venerdì 24 novembre con la presentazione dei dati del Centro antiviolenza e la ratifica del nuovo protocollo istituzionale che ne anima le attività e si concluderà sabato con l’illustrazione del nuovo regolamento comunale sul tema e con un confronto aperto alla città su pregiudizi e luoghi comuni che fanno da contorno e spesso alimentano le storie di violenza.
“La morte di Giulia Cecchettin è solo l’ultimo caso di femminicidio, che per le motivazioni fin qui affiorate e per l’efferatezza, non può restare nel novero, non deve aggiungersi alla lista che vede 103 donne uccise da gennaio a oggi – così il sindaco Diego Ferrara – . È arrivato il momento di agire sulla cultura, sull’educazione, in aggiunta alla tutela delle donne. La violenza di genere va combattuta con iniziative concrete, che vadano oltre le intenzioni e che siano una vera ed effettiva condanna. Per questo porteremo un nuovo Regolamento all’approvazione del Consiglio comunale, Assise che con la firma del presidente Febo ha aderito al documento voluto dai Presidenti dei Consigli comunali italiani. Per questo abbiamo chiesto ai firmatari di integrare e migliorare il protocollo che dal 2015 regola le attività della nostra rete antiviolenza. Per questo alimenteremo, grazie alla presenza della sociologa teatina Pina Lalli, professore ordinario all’Università di Bologna, un confronto sulle radici culturali della violenza di genere alimentate dal patriarcato e come superarlo, cominciando dal proprio perimetro. Serve un’azione di filiera, che comprenda Comuni, Regione e Governo, che preveda una legge nazionale che dia un segnale concreto di cambiamento e una legge regionale che porti nelle scuole e nelle università un concetto di educazione diverso, paritario davvero. Si tratta di un impegno che deve diventare trincea, perché non si piangano altre giovani vittime come Giulia”.
“Parlare, condannare soltanto dopo i fatti dei giorni scorsi dà un senso di impotenza e fa riflettere sull’esigenza di azioni strutturate e strutturali per evitare questa drammatica conta – aggiunge l’assessora alle Pari Opportunità Chiara Zappalorto – . In queste ore letto tantissime dichiarazioni di docenti, psicologhe, donne impegnate sul fronte dei centri antiviolenza e tutte quante ribadiscono, seppur con posizioni differenti, quanto sia importante il ruolo sia della scuola e sia dell’università per rendere i ragazzi consapevoli e mettere loro a disposizione tutti gli strumenti necessari ad affrontare un percorso di crescita positivo, che abbia come orizzonte la parità reale tra uomini e donne. Bisogna farlo davvero, contestualmente a questi fatti e al 25 novembre, c’è anche il dramma del Gender pay gap, che evidenzia sempre più le disparità economiche fra uomini e donne, altra piaga su cui bisogna lavorare attivando le buone proposte lasciate nei cassetti. Sono temi da trattare azioni che noi amministratrici donne attive nel sociale e nella politica, dobbiamo essere le prime a perseguire, cercando di coinvolgere il più possibile in merito ad argomenti che non si possono esaurire in condanne, convegni, scarpe e panchine rosse. Serve una mobilitazione forte, trasversale, una vera rivoluzione culturale”.
“Scorrendo i dati affiorati dal bilancio dell’attività del nostro Centro antiviolenza, registriamo un aumento dei casi – illustra Marialaura Di Loreto, sociologa e coordinatrice della Rete e del Centro Antiviolenza Donna Alpha- , l’incremento è del 30 per cento ed è una cosa positiva, perché significa che più donne si sono rivolte a noi e si sono affidate al percorso di uscita dalla situazione di violenza e di diritti violati, per salvarsi, visto che in molti casi si tratta proprio di situazioni di pericolo, ma anche per ricominciare una vita, riacquistando libertà, indipendenza e un ruolo attivo nella società. La rete in questo funziona molto bene, in questi anni abbiamo visto donne risorgere, riconquistare il proprio posto nella società e guadagnare sicurezza e consapevolezza necessari a eliminare la violenza dalla propria dimensione. È un percorso duro e complesso, il territorio, però, è un contesto utile e inclusivo, molte sono le donne tornate a lavorare grazie alla presenza nella rete di imprenditori e attività che le accolgono, dando loro uno sbocco professionale e anche la possibilità di occuparsi dei propri figli, altri soggetti deboli e spesso coinvolti nelle storie di violenza. Ora più che mai è un percorso necessario”.