Sono 11 anni che si dibatte sulla regolarità delle dimissioni di papa Benedetto XVI. Per chiedere una risposta definitiva alla Chiesa, giovedì 6 giugno 2024 è stata depositata dal giornalista Andrea Cionci, una “Istanza per il riconoscimento della nullità dell’abdicazione di papa Benedetto XVI” al Tribunale dello Stato della Città del Vaticano.
Il dossier di 100 pagine messo a punto dopo quattro anni di inchiesta, insieme a cinque avvocati, di cui due canonisti, affronta una tematica che era stata sollevata, fin da subito, dal canonista prof. Don Stefano Violi, sulla Rivista Teologica di Lugano del febbraio 2013, il quale aveva eccepito la mancata rinuncia al munus petrino, al titolo di origine divina di papa, come esplicitamente richiesto nel canone deputato all’abdicazione del Romano Pontefice, il 332.2 che recita: nel caso che il romano pontefice rinunci al suo munus (ufficio) ….”.
Papa Ratzinger ha invece dichiarato che avrebbe rinunciato al solo ministerium, il potere di esercitare il potere pratico di papa. Questo è l’”errore sostanziale” della dichiarazione: manca proprio il munus, l’oggetto a cui il papa deve rinunciare per una valida abdicazione e, secondo il canone 188, la rinuncia compiuta in modo erroneo è nulla e invalida.
Le prime due sezioni dell’istanza si basano quindi sull’aspetto canonico, mentre la terza ricostruisce la “Sede totalmente impedita”, alla quale si è consegnato Benedetto XVI. Il caso avviene quando il papa, come illustra il can. 412, è prigioniero, confinato, esiliato, non libero di comunicare nemmeno per lettera. In sede impedita, il papa perde appunto il ministerium, il potere pratico, ma trattiene il munus, il titolo.
Questa sezione ricostruisce come papa Benedetto XVI, messo alle strette da cospiratori, e addirittura dopo aver probabilmente subìto un attentato con sonniferi nel marzo 2012, a Cuba, abbia messo in sicurezza la Chiesa, facendosi porre in sede impedita proprio dalla convocazione di un conclave abusivo, convocato a papa non morto e non abdicatario.
“In effetti, l’istanza va anche nell’interesse di papa Francesco – spiega Cionci – se non c’è nulla da
nascondere, un regolare procedimento giudiziario non potrà che fare chiarezza sulla sua legittimità e su quella dei suoi successori eletti da cardinali di nomina bergogliana. Ho fiducia nella magistratura vaticana, del resto, se l’istanza venisse rigettata, sarebbe una aperta ammissione di illegittimità da parte dello stesso Bergoglio e la dimostrazione che il potere giudiziario, in Vaticano, non è indipendente dal “potere politico”.
“Milioni di cattolici aspettano una risposta definitiva, fondata sulle leggi della Chiesa”, aggiunge Fabrizio Filipponi, di Sant’Egidio alla Vibrata.