Via libera dal Consiglio dei ministri alla riforma delle concessioni balneari, contenuta in un decreto legge su materie oggetto di procedure d’infrazione europee.
La questione della riforma delle concessioni balneari, a quanto si apprende, è stata al centro di un vertice fra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, prima del Consiglio dei ministri. Al vertice hanno partecipato anche il leader di Noi moderati Maurizio Lupi e il ministro per gli Affari europei Raffaele Fitto.
La concessioni balneari sono prorogate fino al settembre 2027 ma in caso di ragioni oggettive che impediscono il completamento della procedura di gara possono essere ulteriormente rimandate al 31 marzo 2028.
E’ quanto prevede il decreto contenente “Disposizioni urgenti in materia di concessioni demaniali marittime, lacuali e fluviali per finalità turistico-ricreative e sportive” in arrivo all’esame del Consiglio dei Ministri. Nel caso di un nuovo concessionario, il concessionario uscente avrà “diritto al riconoscimento di un indennizzo a carico del concessionario subentrante”. L’indennizzo è “pari al valore degli investimenti effettuati e non ancora ammortizzati al termine della concessione, compresi gli investimenti effettuati in conseguenza di eventi calamitosi debitamente dichiarati dalle autorità competenti o in conseguenza di sopravvenuti obblighi di legge, al netto” di aiuti o sovvenzioni pubbliche, e “pari a quanto necessario per garantire al concessionario uscente un’equa remunerazione sugli investimenti effettuati negli ultimi cinque anni”. Quest’ammontare, si precisa, andrà stabilito sulla base dei criteri previsti con decreto del Mit, di concerto con il Mef, da adottare entro il 31 marzo 2025.
Le procedure di gara per le nuove concessioni balneari dovranno essere avviate entro il mese di giugno del 2027. Per la prima applicazione delle nuove norme l’avvio delle gare dovrà comunque scattare entro e non oltre il 30 giugno 2027. Per quanto riguarda la durata della concessione, si stabilisce che: non sia “inferiore ai cinque anni e non superiore ai venti anni” ed sia “pari il tempo necessario a garantire l’ammortamento e l’equa remunerazione degli investimenti previsti dal piano economico-finanziario dell’aggiudicatario”.