Crollo delle imprese in Abruzzo: “Verità che viene nascosta dalla propaganda della maggioranza”
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L’Abruzzo sta affrontando una crisi economica profonda, con un numero allarmante di imprese che chiudono i battenti: già se ne contano oltre 23.000.
Questa realtà, spesso taciuta dietro le narrazioni trionfalistiche della Regione e dell’assessore dedicato più agli spot che all’agire concreto, dipinge un quadro ben diverso e preoccupante.
Dati inequivocabili
I dati parlano chiaro: negli ultimi anni, l’Abruzzo ha subito una perdita significativa di tessuto
imprenditoriale, anche peggiorando i dati del periodo Covid. Soffre enormemente anche la grande
industria, specie nel settore automotive, ma viviamo il dramma delle piccole e medie imprese, spina
dorsale dell’economia regionale, che sono state le più colpite e non supportate da misure di sostegno
pubblico. Questo trend negativo è confermato da diverse fonti, tra cui associazioni di categoria,
istituti di ricerca e registri camerali. Secondo Unioncamere, l’Abruzzo è maglia nera italiana
nell’ultimo anno.
L’analisi emerge dalla nota diffusa da Daniele Marinelli, segretario regionale del Pd e Gianni Cordisco, responsabile economico dei Dem.
Cause profonde: mancanza di visone, sperpero di risorse verso settori propagandistici e
inefficienza nella gestione dei fondi strutturali
Le cause di questa debacle sono molteplici, ma una spicca su tutte: l’incapacità della Regione di gestire in modo efficace i fondi strutturali e quelli destinati alla formazione. Questi fondi, cruciali per lo sviluppo e la crescita delle imprese, spesso rimangono inutilizzati o vengono spesi in modo inefficiente, senza generare un impatto reale sull’economia locale.
Ritardi burocratici, criteri di accesso complessi e mancanza di una visione strategica hanno impedito alle imprese di beneficiare di queste risorse vitali e di cancellare risorse strategiche addirittura già finanziate dal centrosinistra.
Una sciagurata gestione dei fondi per la formazione e la mancanza di una programmazione adeguata e di una connessione tra formazione e fabbisogni del mercato del lavoro hanno reso questi fondi tardivi, insufficienti e inefficaci nel sostenere la crescita delle competenze e l’innovazione.
Le conseguenze sono ormai devastanti. Il crollo delle imprese ha conseguenze pesanti sull’intera regione: migliaia di lavoratori si ritrovano senza impiego e senza possibilità di nuova formazione e occupazione, con un impatto negativo sulle famiglie e sulla comunità. Vi è poi un forte depauperamento del tessuto sociale conseguente alla chiusura delle imprese, che comporta la perdita di cittadini, competenze, know-how e legami sociali, impoverendo il tessuto sociale ed economico.
Non da ultimo, il corollario sconvolgente di questi dati e della cecità della politica regionale cade
sui giovani che, di fronte alla mancanza di opportunità, sono costretti a emigrare verso altre regioni
o paesi, privando l’Abruzzo di risorse umane preziose.
Il Pd chiede da anni – e con la conferenza programmatica sempre più intensamente – la necessità di un cambio di rotta da parte della Regione Abruzzo. È necessario un approccio più pragmatico e orientato ai risultati nella gestione dei fondi, con una maggiore attenzione alle esigenze delle imprese e del territorio. Solo così sarà possibile invertire la tendenza negativa e rilanciare l’economia abruzzese. Ormai ci sono troppe crisi raccontate ma non risolte, tutte annichilite da promesse e rinvii.
Noi diciamo: Meno mance, meno spot, meno propaganda, meno viaggi inutili e più azioni concrete
per salvare l’economia e il tessuto produttivo/sociale del nostro Abruzzo.