I medici degli ospedali abruzzesi, d’estate, periodo di ferie e di vacanze, si rimboccano le maniche per non lasciare senza assistenza i pazienti, aumentando il volume di lavoro in più dell’80% dei casi per sopperire a carenze di organico che tra giugno e settembre diventano insostenibili, visto che più di un terzo di loro va in ferie.
A scattare la fotografia degli ospedali nel periodo estivo è il sondaggio condotto dalla Federazione dei medici internisti ospedalieri (Fadoi) in sei unità operative di medicina interna degli ospedali abruzzesi.
Così, più di un terzo fa gli extra per coprire i turni di notte e arriva a non usufruire nemmeno delle 11 ore di riposo giornaliere, che dovrebbero per legge sempre essere garantite.
La metà salta i riposi settimanali.
Nonostante l’impegno, però, le attività ambulatoriali diminuiscono nel 50% dei casi e sono rimodulate nei tempi nel restante 50% pur rimanendo invariate nel numero, mentre complessivamente la qualità dell’assistenza sanitaria, richiesta anche d’estate, è compromessa nell’83% dei casi in modo sensibile. Una situazione che, secondo la federazione, rispecchia quello che avviene anche in larga parte dei dipartimenti di altre specialità mediche. Tra giugno e settembre, secondo l’indagine Fadoi, i medici abruzzesi usufruiscono dei 15 giorni di vacanze nel periodo estivo, come garantito dal contratto nazionale di lavoro.
Questo comporta una riduzione degli organici in reparto che varia tra il 21 e il 30% nel 50% dei casi, tra il 30 e il 50% nel 17% dei reparti, è tra l’11 e il 20% nel restante 33%. “La carenza di personale medico nei reparti di Medicina Interna abruzzesi – commenta Angela Falco, presidente Fadoi Abruzzo – diventa più che mai drammatica nel periodo estivo.
L’attività si regge più che mai sul sacrificio personale dei medici in servizio, che protraggono l’orario di lavoro e rinunciano spesso ai turni di riposo. Stress psico-fisico, burnout, aumento del rischio di errore sono dietro l’angolo. La soluzione? Investire sul personale, invertire la rotta del progressivo depotenziamento degli ospedali, riconoscere finalmente che i reparti di Medicina Interna assistono pazienti complessi, con comorbidità”.