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Abruzzo

Il Gran Sasso diventa zona speciale di conservazione: il provvedimento

Il sito di Interesse Comunitario “Gran Sasso” diventa Zona Speciale di Conservazione secondo le norme comunitarie; vincono così le ragioni della Natura sulla propaganda insensata messa in campo in questi anni dalla stessa giunta Marsilio che ora è costretta a sventolare bandiera bianca.

 

Un esito peraltro del tutto scontato per chi avesse un minimo di conoscenza delle norme varate nel lontano 1992 dall’Unione Europea con la Direttiva Habitat e la successiva evoluzione della materia anche in Abruzzo.

La Giunta Marsilio appena insediata aveva invece messo in campo un’anacronistica, sconclusionata e surreale azione per tagliare i confini dei siti Natura2000 esponendo non solo la regione ma addirittura l’intero paese agli esiti di una onerosa procedura di infrazione comunitaria.

Un’iniziativa a tratti tragicomica, come avevamo immediatamente stigmatizzato in una lettera inviata a Bruxelles, al Ministero e alla stessa regione in cui ripercorrevamo tutta la vicenda a partire dalla definizione, avvenuta nel 1995, dei perimetri dei Siti di Interesse Comunitario.

Per dire, la Giunta addirittura fondava la propria azione sul fatto che una lettera della… regione era irreperibile nei propri archivi (SIC! è proprio il caso di dire), dimenticando che già venti anni prima in maniera altrettanto improvvida anche la Giunta Pace regionale aveva provato a ritagliare i Siti Natura2000 assegnando alle province fondi per approfondire la materia, in un percorso partecipato da tutti gli attori in campo. Come finì quel percorso? Con l’individuazione di altri tre siti!

La decisione di oggi è l’ennesimo bagno di realtà per chi in questi anni ha sparso fumo negli occhi invece di impegnarsi per dare piena attuazione alle politiche comunitarie che prevedono anche una gestione attiva dei siti a favore della biodiversità e delle comunità locali, adottando quegli strumenti di compensazione rispetto ai vincoli previsti dalle norme europee.

Nella lettera del 2020 ricordavamo, infatti, lo scandalo dei Piani di Gestione dei siti, la cui redazione è stata finanziata nel 2013 dalla stessa Regione con 3,5 milioni di euro di fondi europei. Documenti ricchi di informazioni e proposte operative rimasti nei cassetti, mai approvati.

Ora non resta che redimersi e recuperare il tempo perduto per far fronte alla continua erosione di biodiversità che purtroppo caratterizza alcuni siti così importanti a scala europea, abbandonando velleità “sviluppiste” i cui limiti vediamo ogni giorno sulle montagne della regione colpite dagli effetti del riscaldamento globale.

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