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Abruzzo

La guerra degli arrosticini d’Abruzzo: serve un marchio Dop

La posizione di Coldiretti

La necessità di tutelare e promuovere l’arrosticino abruzzese, prodotto tipico apprezzato in tutto il mondo, è una esigenza che si divide tra chi vuole il sostegno dell’economia agropastorale e chi, invece, punta alla semplice valorizzazione di un “simbolo” dell’agroalimentare senza tutelarne la tradizione, il valore intrinseco e l’indotto che la sua “giusta valorizzazione” potrebbe favorire.

E’ il duro commento di Coldiretti Abruzzo in merito alle diverse e contrastanti posizioni nate intorno al riconoscimento del marchio comunitario dell’arrosticino abruzzese, attualmente in attesa di riconoscimento Igp.

 

Secondo la principale organizzazione agricola, sostenuta dall’Istituto zooprofilattico e dall’Associazione regionale allevatori (ARA) ma anche da numerosissimi esponenti della società civile e politica tra cui la stessa europarlamentare abruzzese Elisabetta De Blasis e il consigliere regionale Massimo Verrecchia, il marchio comunitario da promuovere è la Denominazione di origine protetta (Dop), che garantirebbe l’utilizzo di carne veramente abruzzese con risultati e vantaggi per tutto il settore zootecnico che vive una profonda crisi e una drastica diminuzione dei ricavi e degli operatori.

 

“Attualmente il prodotto simbolo della nostra pastorizia si basa sull’importazione massiccia di carni ovine estere, più facili da reperire e lavorare – dice il presidente di Coldiretti Abruzzo Pietropaolo Martinelli, allevatore ovino – il risultato è che attualmente più di tre arrosticini su 4 arrosticini hanno provenienza straniera. Se da una parte l’arrosticino conquista le piazze e i mercati internazionali, dall’altra la zootecnia abruzzese deve fare i conti, ogni giorno, con gli insostenibili prezzi di gestione, le conseguenze del cambiamento climatico e il fisiologico abbandono dell’attività da parte dei pastori che oggi sono meno di mille e governano un patrimonio di circa 190mila capi adulti di cui un terzo destinati alla produzione dei rinomati “spiedini” di pecora. Il riconoscimento dell’Igp, come abbiamo più volte evidenziato, diversamente dalla Dop, prevede che una sola delle fasi di lavorazione del prodotto finito avvenga all’interno dell’area geografica determinata (e quindi Abruzzo) dando il colpo di grazia all’allevamento regionale che, invece, proprio dall’arrosticino potrebbe ripartire e tornare ad essere uno dei settori trainanti dell’agroalimentare abruzzese. Ci appelliamo pertanto alla politica regionale a cui chiediamo di non indietreggiare per logiche di mercato o per favorire la produzione industriale. E’ necessario oggi più che mai che venga presa una posizione chiara e si operi concretamente per presentare a Bruxelles la Denominazione di origine protetta (Dop) e non semplicemente l’Indicazione geografica protetta con l’obiettivo di salvare un settore e riportarlo allo splendore che merita ma anche per permettere al consumatore, aspetto di non poco conto, di poter scegliere un arrosticino fatto veramente con carne abruzzese e non semplicemente macellata o confezionata in Abruzzo”.

 

In tal senso, secondo Coldiretti sarà fondamentale il nuovo regolamento europeo sui prodotti DOP e IGP che entrerà in vigore nel 2024 e che, annunciato pochi giorni fa dall’europarlamentare Paolo De Castro, prevede l’obbligo di indicare il nome del produttore su tutte le etichette, aumentando la trasparenza per i consumatori e rafforzando la protezione dei marchi di qualità. “Si tratta di un importante passo avanti per la tutela del patrimonio enogastronomico regionale e nazionale – dice Roberto Rampazzo Direttore Coldiretti Abruzzo – ma è necessario non abbassare la guardia e, nel caso dell’arrosticino abruzzese, sostenere l’unica denominazione che consentirebbe al settore zootecnico di non scomparire: la Dop”.

 

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