L’Abruzzo è al secondo posto in Italia per dispersione di acqua potabile
Le considerazioni nella Giornata mondiale dell'acqua

Abruzzo. Oggi, 22 marzo, in tutto il mondo si celebra la Giornata Mondiale dell’Acqua.
Come abruzzesi non abbiamo molto da celebrare considerato che la nostra Regione è la seconda in Italia per dispersione di acqua potabile dalle reti con il 62,5% di perdite, contro una media nazionale intorno al 42%. Peggio di noi solo la Basilicata con il 65,5%. A livello provinciale va malissimo la provincia di Chieti, anch’essa al secondo posto della classifica nazionale, con una percentuale del 70,4%, subito dopo Potenza al 71%.
In questa situazione gravissima, continuiamo poi a tenere a rischio la più grande riserva idrica della regione, l’acquifero del Gran Sasso d’Italia che fornisce acqua a 700.000 abruzzesi delle province di L’Aquila, Pescara e Teramo. Una situazione di rischio che comporta che da otto anni mandiamo a scarico circa 80/100 litri di acqua al secondo dalle captazioni del Gran Sasso perché non sicura, nonostante nei mesi estivi sia problematico assicurare la fornitura idrica in case e alberghi.
È dal 2000 che, come WWF, abbiamo segnalato i pericoli per l’acquifero legati alle possibili interferenze con le gallerie autostradali e con i Laboratori sotterranei dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Da allora è stato fatto molto poco per risolvere definitivamente la questione, nonostante due sequestri, due commissariamenti e due processi.
Dopo l’incidente del maggio 2017, quando fu vietato il consumo di acqua in gran parte della provincia di Teramo, sostenemmo che il ricorso ai commissariamenti non fosse la soluzione migliore. Avevamo già avuto l’esperienza del Commissariamento Balducci dal 2003 al 2009: oltre 80 milioni di euro spesi senza risolvere la situazione. Se l’obiettivo era accelerare i tempi, si può affermare che è stato totalmente mancato!
Aver deciso addirittura di avere due diversi Commissari (il Commissario per l’emergenza idrica dell’acquifero del Gran Sasso e il Commissario straordinario per il ripristino e la messa in sicurezza della tratta autostradale A24 e A25) che, in parte, operano sulla stessa area è poi stata una scelta priva di senso, destinata a creare ulteriore confusione.
Ad aggiungere confusione a confusione, ad agosto 2023 si è poi deciso di non rinnovare Corrado Gisonni come Commissario, individuandone uno nuovo nella persona di Pierluigi Caputi, senza che nessuno abbia mai chiarito i motivi di tale cambio che ha comunque determinato ulteriori ritardi.
Quanto è avvenuto nel novembre scorso con l’avvio e l’immediato stop delle operazioni per i sondaggi disposte dal Commissario Caputi è estremamente preoccupante. Lavori interrotti e dichiarazioni che si sono accavallate tra Commissario, ditta incaricata del progetto e Ruzzo Reti, con un rimpallo di responsabilità che, come al solito, non ha fatto capire nulla… I giorni precedenti allo stop ai lavori erano stati poi caratterizzati da polemiche sui lavori e sui disagi che stavano comportando ai cittadini con discussioni sull’utilità dei sondaggi.
Ma, al di là delle polemiche, chi ha compreso esattamente qual è l’idea progettuale che si sta perseguendo? Si vuole procedere alla messa in sicurezza delle gallerie dell’A24 e dei Laboratori sotterranei dell’INFN rispetto all’attuale sistema di prelievo o si vogliono ricercare nuovi punti di captazione allontanandosi da gallerie e Laboratori?
Il problema non sono certo alcune settimane di percorsi alternati sotto le gallerie perché è ovvio che, se si vuole intervenire per la messa in sicurezza si avranno problemi di viabilità (e non dureranno settimane, ma mesi se non anni). Il problema è cosa si intende fare e come si vuole tutelare la più importante risorsa idrica dell’Abruzzo all’interno di un parco nazionale e di siti della Rete Natura2000.
Abbiamo sempre sostenuto che non può essere l’acquifero ad adeguarsi ai Laboratori e alle gallerie autostradali, ma viceversa! A oggi invece l’INFN non ha neppure concluso le attività per rimuovere le sostanze pericolose stoccate nei Laboratori del primo esperimento che ha deciso di dismettere, nonostante la Delibera regionale n. 33 del 25 gennaio 2019 recante “Gestione del rischio del sistema idrico Gran Sasso. Definizioni attività urgenti e indifferibili” stabilisse che l’INFN avrebbe dovuto, tra l’altro, fare quanto segue: “Presentazione, entro tre mesi dall’adozione della presente delibera, di un piano di dismissione degli esperimenti che comportano l’utilizzo di sostanze pericolose oltre le soglie del DLgs n. 105/2015. Il Piano va sottoposto a Valutazione d’Incidenza Ambientale e deve essere realizzato entro e non oltre il 31/12/2020”.
È vergognoso che dopo 25 anni dalle prime denunce, tre commissari straordinari, milioni di euro spesi e due processi, non vi sia ancora neppure un progetto su che tipo di intervento si voglia fare.