Nuova centrale idroelettrica tra Abruzzo e Molise: le preoccupazioni degli ambientalisti
Lettera aperta ai consiglieri regionali
Sui territori a confine tra Abruzzo e Molise è in progetto la realizzazione di una enorme centrale idroelettrica denominata “Pizzone II”, che per essere un impianto di generazione e pompaggio, trasformerà gli attuali laghi di Montagna Spaccata e Castel San Vincenzo in bacini di pompaggio con la realizzazione di due nuove gallerie e condotte forzate della lunghezza di vari chilometri, centrali in caverna, pozzi piezometrici, opere di presa e restituzione, e vari manufatti esterni a servizio dell’impianto, strade di accesso, piazzali.
Trattasi di un impianto complesso e costoso, enorme, che per primi i sindaci dei territori abruzzesi hanno portato all’attenzione degli Enti.
Le aree di progetto ricadono in parte all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (PNALM) e in Siti Natura 2000, in zone molto sensibili sia dal punto di vista idrogeologico sia dal punto vista sismico sia da quello naturalistico.
Le Associazioni WWF Abruzzo e WWF Molise lanciano l’allarme per gli impatti sui sistemi ambientali che l’opera potrebbe comportare: si è di fronte a una proposta progettuale che da una parte contribuisce a una futura gestione del sistema energetico, ma che dall’altra si colloca in una area dalle spiccate caratteristiche e peculiarità ambientali e che richiede, per la sua realizzazione, una imponente mole di lavori, prolungata nel tempo.
Per questo il WWF Abruzzo e il WWF Molise hanno inviato una lettera aperta ai rispettivi consiglieri regionali per chiedere un intervento chiaro delle Amministrazioni regionali. Mentre in Molise la discussione è avviata, in Abruzzo si chiede ai consiglieri di intervenire con una mozione di rigetto del progetto, in modo da far sentire ai territori la vicinanza e la presenza dell’Amministrazione regionale abruzzese.
Di seguito la nota inviata ai consiglieri regionali abruzzesi
Lettera aperta agli Onorevoli Consiglieri della Regione Abruzzo da parte del WWF Abruzzo in merito al Dibattito inerente l’ipotesi di intervento denominato “Pizzone II”
Sui territori a confine tra Abruzzo e Molise è in progetto la realizzazione di una enorme centrale idroelettrica denominata “Pizzone II”, che per essere un impianto di generazione e pompaggio, trasformerà gli attuali laghi di Montagna Spaccata e Castel San Vincenzo in bacini di pompaggio con la realizzazione di due nuove gallerie e condotte forzate della lunghezza di vari chilometri, centrali in caverna, pozzi piezometrici, opere di presa e restituzione, e vari manufatti esterni a servizio dell’impianto, strade di accesso, piazzali. Trattasi di un impianto complesso e costoso, enorme, che per primi i sindaci dei territori abruzzesi hanno portato all’attenzione degli Enti.
Le aree di progetto ricadono in parte all’interno del Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise (PNALM) e in Siti Natura 2000, in zone molto sensibili sia dal punto di vista idrogeologico sia dal punto vista sismico sia da quello naturalistico.
La trasformazione dei bacini di Montagna Spaccata e di san Vincenzo al Volturno in un sistema di bacino di accumulo appare alla Associazione scrivente irricevibile, in quanto le risulta che le indicazioni del PNIEC (Piano Nazionale per l’Energia e il Clima) richiederebbero, per l’installazione di nuovi impianti di accumulo, prima che si proceda all’avvio dei progetti di realizzazione, la delineazione di criteri localizzativi in accordo con le Regioni, anche al fine di evitare impatti negativi sull’ambiente.
Questa Associazione non è al corrente della precedente definizione di detti criteri; pertanto, deve assumere che il progetto sia di carattere propositivo e che il dibattito debba vertere sulla questione della mera opportunità.
La seconda, ma non meno secondaria questione, riguarda l’aspetto degli impatti negativi sull’ambiente, che maggiormente interrogano il WWF Abruzzo, in accordo con il WWF Molise.
Siamo qui di fronte a una proposta progettuale che da una parte contribuisce a una futura gestione del sistema energetico, ma che dall’altra si colloca in una area dalle spiccate caratteristiche e peculiarità ambientali e che richiede, per la sua realizzazione, una imponente mole di lavori, prolungata nel tempo.
La proposta progettuale obbliga per questo a delle scelte, riscontrandosi molti elementi di contrasto tra l’intervento in questione e la localizzazione prescelta.
È infatti significativo che si ragioni sul futuro di due invasi artificiali finalizzati, al loro concepimento, alla produzione di energia, ma che nel tempo hanno occupato un posto ben diverso nel senso estetico dei luoghi: sono diventati zone umide preziose per la biodiversità ed elementi di forte attrazione turistica. Di fatto, la dimostrazione, finora, che esigenze diverse possano coesistere, un bell’esempio di compatibilità.
L’intervento però rischia di rompere gli equilibri e vanificare il tempo e le esperienze passate, volendo trasformare l’intero sistema in un impianto meramente ingegneristico, peraltro nella zona di pertinenza e di vicinanza a una area di primaria importanza ambientale quale è il Parco Nazionale d’Abruzzo Lazio e Molise, assieme a zone appartenenti alla rete Natura 2000.
Anche volendo ammettere che l’opera possa essere ritenuta urgente e strategica, bisogna pure riconoscere che essa possa arrecare un danno a tutti gli obiettivi ambientali individuati nell’accordo di Parigi (Green Deal europeo) e che sono definiti nella circolare RGS n. 33 del 13 ottobre 2022, dove si chiarisce il criterio del DNSH (do not significant harm – non arrecare danno significativo): emissioni di gas serra, attività delle persone e degli animali, stato dei corpi idrici, uso delle risorse naturali, inquinamento e protezione e ripristino degli ecosistemi e che nei luoghi in questione, pur con tutte le accortezze che si potessero adottare, risultano altamente probabili.
L’eccessiva vicinanza al territorio del PNALM e il coinvolgimento di fasce di rispetto e siti Natura 2000 non è di poco conto nei confronti di un’altra imminente attenzione a cui sono chiamati a rispondere i territori. È noto, infatti, che la Commissione Europea ha in corso la “Strategia europea per la biodiversità per il 2030” che mira a espandere la rete delle aree protette fino al 30% del suo territorio e a dedicare una protezione di tipo integrale al 10% della superficie di tutti i paesi dell’UE.
Definire dei vincoli di tipo ingegneristico proprio a margine, se non addirittura all’interno di un’area di particolare valore e significato come il PNALM può rappresentare una scelta catastrofica per il futuro assetto del territorio nello stesso orizzonte temporale. Infatti, mentre possiamo sperare che alla conclusione dei paventati lavori dei bacini la situazione energetica, grazie a diversi e più pacifici climi politici e alla ricerca e sviluppo nelle nuove tecnologie, possa essere diventato un problema di minore emergenza, ben poche speranze abbiamo nell’immaginare un ambiente naturale che avrà ancora, se non fortemente tutelato, una buona capacità di fornire sufficienti servizi ecosistemici all’umanità.
In questa logica si innesta anche il problema della biodiversità specifica, con la sostanziale corrispondenza dell’areale dell’Orso marsicano, specie di interesse comunitario di cui alla Direttiva UE “Habitat” e della consapevolezza dell’importanza della risorsa idrica per specie particolari di flora e fauna. Vale la pena ricordare che i Siti di Interesse Comunitario, presenti in zona assieme al Parco Nazionale, sono stati a loro tempo istituiti in quanto ospitanti specie faunistiche e floristiche di particolarissimo pregio, i cui habitat sono particolarmente delicati e poco inclini ad assorbire azioni di disturbo.
In una area di tali particolari caratteristiche il consumo di suolo è intollerabile: l’Abruzzo registra una delle situazioni peggiori in Italia e conquista, nel 2022, il podio dei maggiori incrementi percentuali di superficie artificiale rispetto all’anno precedente (+0,78%) e anche la densità del consumo di suolo in Abruzzo è la più alta (3,88 mq/ha), ma in questi luoghi dalle caratteristiche idrografiche delicate, nuove installazioni, viabilità, impermeabilizzazioni, unite al taglio di boschi, agli scavi in roccia e falde, possono risultare devastanti.
L’impatto delle opere, sia concluse che in fase di cantiere, è di certo insostenibile dal sistema turistico. Parco Nazionale, presenza dei laghi assieme a centri visite e musei naturalistici e culturali creano un polo attrattivo importante e significativo, ampiamente pubblicizzato su siti di viaggi. Va riconosciuto che il settore turistico abruzzese vede nella presenza delle aree protette un punto di forza e di forte attrazione, settore che può essere sicuramente ancora potenziato, per arrivare a rappresentare una risorsa per i territori e per l’economia regionale, sempre che non si depauperino proprio quei beni che possano divenire risorse turistiche.
In conclusione, il progetto risulta insostenibile in quanto fuori luogo, fuori tempo e fuori scala.
Probabilmente leggeri interventi di ammodernamento ed efficientamento degli impianti esistenti, la mitigazione di alcuni effetti visuali e acustici che a oggi esistono, una maggiore accortezza nella tutela e valorizzazione della risorsa idrica, sarebbero una strada da seguire per migliorare la produzione energetica con beneficio dell’ambiente e di chi in tale ambiente ancora trova ragioni di permanenza, sempre che chi è chiamato a immaginare e realizzare il futuro abbia desiderio di continuare a farlo.
Siamo, dunque, a chiederVi di presentare al più presto una mozione di rigetto del progetto, in modo da far sentire ai territori la vicinanza e la presenza dell’Amministrazione regionale abruzzese.