La giunta regionale, su proposta dell’assessore alla Salute, Nicoletta Verì, ha approvato la proposta di legge sulla nuova rete ospedaliera abruzzese, che sarà ora trasmessa al Consiglio regionale per l’esame in Commissione e in Aula.
Il provvedimento recepisce l’impianto e la classificazione dei presidi già indicati nella delibera del luglio 2021, integrando le prescrizioni avanzate dai Ministeri e dai tavoli tecnici nell’interlocuzione che si è conclusa nelle scorse settimane con il parere positivo – per la prima volta – di tutti gli organismi coinvolti nel lungo e articolato percorso di predisposizione della rete stessa.
“La proposta di legge regionale – spiega la Verì – va a cristalizzare il nuovo modello di assistenza sul quale ci siamo impegnati fin dal nostro insediamento: un sistema che vede un’effettiva integrazione tra i presidi ospedalieri hub e spoke con le strutture della rete territoriale, in un’ottica di presa in carico e gestione del paziente attraverso percorsi definiti e differenziati tra acuzie e cronicità”.
La nuova programmazione regionale prevede, tenendo conto dei criteri di efficienza e di complementarietà di discipline in relazione ai bacini di utenza, la seguente classificazione dei presidi:
4 ospedali (L’Aquila, Pescara, Chieti, Teramo) con funzioni hub per le reti tempo dipendenti (rete stroke, politrauma/trauma maggiore, rete emergenze cardiologiche estese);
4 ospedali di primo livello (Avezzano, Sulmona, Lanciano e Vasto);
6 ospedali di base (Ortona, Popoli, Penne, Atri, Giulianova e Sant’Omero);
2 presidi di area disagiata, sedi di pronto soccorso (Castel di Sangro e Atessa).
“Con la trasmissione della proposta di legge al Consiglio – aggiunge l’assessore – si avvia a conclusione un processo che per anni ci ha visto portare avanti un confronto serrato, dai toni a volte anche aspri, con i ministeri affiancanti per far valere le ragioni di una Regione nella quale, per ovvi motivi legati alla orografia e alla distribuzione della popolazione, non potevano essere applicati pedissequamente gli stessi parametri del DM70 previsti per il territorio del Comune di Milano. Una discussione che ha trovato un ascolto disponibile da parte dei tavoli romani e che ha aperto una riflessione su un sistema di classificazione che, se non adeguatamente integrato, rischia di penalizzare le regioni più piccole del Paese, con conseguenze sull’assistenza sanitaria ai cittadini”.