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Terapie per l’autismo inefficaci: bambini bloccati in liste d’attesa. L’intervento

lOCATELLI

C’è un conto che nessuno ha mai voluto davvero fare. Eppure è semplice, quasi imbarazzante: quanto costa alla sanità pubblica ogni terapia per l’autismo affidata a un centro privato convenzionato? E, soprattutto: vale davvero ciò che paghiamo?

 

La risposta è no. E non per ideologia, ma per semplice matematica. Oggi la ASL paga oltre 70 euro per ogni seduta di un’ora e mezza nei centri accreditati per le terapie ADA – Ambulatoriali Dedicati per l’Autismo. Ogni bambino riceve in media 3 sedute a settimana. Facciamo due conti: 3 sedute a settimana per 52 settimane fanno 156 sedute l’anno. A 70 euro l’una, sono 10.920 euro per ogni bambino. Moltiplicato per 100 bambini, il totale supera 1 milione di euro l’anno. Non è un’opinione: è un calcolo elementare. Se quelle terapie fossero davvero efficaci, ben venga. Ma il problema è proprio questo: non lo sono. Il sistema attuale non garantisce continuità, efficacia né reale riabilitazione. Basta leggere i dati di spesa sanitaria per capire quanto questo modello sia insostenibile.

Liste d’Attesa Infinite, Terapie per l’Autismo Inutili e Profitti Garantiti

Il sistema delle convenzioni sulle terapie per l’autismo fa acqua da tutte le parti. Basta ascoltare le famiglie – o anche solo osservare da vicino – per accorgersene.

Se un terapista è in ferie, malato o assente anche solo per un giorno, viene spesso sostituito da un collega “tappabuchi”, solo per riempire l’orario. Ma quella seduta è inutile: il bambino non conosce la persona, non c’è fiducia, non c’è relazione. Eppure, viene registrata come “servizio erogato” e pagata come una vera terapia.

Quando manca una figura specifica – ad esempio un logopedista o uno psicomotricista – i bambini vengono assegnati a chiunque sia disponibile. Il risultato? Un intervento non mirato, spesso inutile o persino dannoso, ma regolarmente registrato e fatturato.

Se un terapista non è competente, non viene formato né sostituito. Resta comunque operativo in stanza con i bambini. La struttura lo ha assunto e deve “renderlo produttivo”, anche se i bambini non ne traggono alcun beneficio.

Anche quando una terapia non serve più, spesso viene prolungata per mesi. Fermarla significherebbe avviare una nuova valutazione della ASL, che può richiedere oltre un anno. Inoltre, per il centro significherebbe riorganizzare orari, personale, carichi di lavoro. Troppo scomodo.

Ricordiamolo: questi centri sono Srl, società a responsabilità limitata. Aziende private che devono generare profitti. Così, i bambini restano agganciati a terapie inutili, mentre altri, fuori, aspettano invano. Il centro incassa. Il bambino non migliora. La ASL paga. E il danno è doppio: umano ed economico.

Questo non è un attacco alla professionalità dei singoli operatori, ma una denuncia delle distorsioni sistemiche che impediscono una riabilitazione efficace.

Quanto Costano Davvero Le Terapie per l’Autismo Inefficaci?

Il problema non sono i centri, che seguono logiche di mercato e produttività. Il vero colpevole è un sistema pubblico che li alimenta senza controllo.

La ASL, infatti, assume ingegneri e dirigenti ben retribuiti per far quadrare i conti. Impone tagli alla sanità pubblica e poi perde i ricorsi in tribunale, perché non garantisce cure tempestive.

Intanto continua a investire in convenzioni inefficienti, che peggiorano la situazione.

Ma anche la ASL, in fondo, è vittima di questo sistema. Brucia risorse, genera inefficienze, crea debito. Ogni anno investe cifre enormi in convenzioni con i centri, sforando i bilanci, pur di “garantire” l’essenziale.

Intanto, bambini e ragazzi di 9, 10, 11 anni – perfino 17enni – restano incastrati da anni nelle stesse terapie: logopedia e psicomotricità. Terapie forse utili in età precoce, se c’è un reale bisogno. Ma prolungarle senza obiettivi è solo gestione aziendale, non riabilitazione.

Così, chi non viene mai davvero riabilitato resta dentro. I nuovi aspettano fuori. E il sistema collassa. Non per mancanza di fondi, ma per scelte sbagliate.

Le Linee Guida per le Terapie per l’Autismo Ignorate dai Centri Accreditati

Le Linee Guida dell’Istituto Superiore di Sanità, aggiornate al 9 ottobre 2023, lo dicono chiaramente:

“Gli interventi per i bambini e gli adolescenti con disturbo dello spettro autistico devono essere basati sulle più avanzate evidenze scientifiche disponibili.”

Ma aggiornarsi richiede fatica. E molti centri preferiscono ignorare la scienza, pur di non perdere l’incasso.

Il paradosso più grottesco? È la struttura stessa a generare e prolungare il bisogno.

Non per rispondere a una necessità terapeutica, ma per non interrompere la produzione.

Una terapia inefficace viene mantenuta per non perdere entrate. Una terapia sbagliata viene comunque fatturata.

Una terapia superata viene prolungata per evitare costi di riorganizzazione interna.

Eppure le Linee Guida sono chiare: un intervento deve essere strutturato, continuativo, personalizzato. Nessuna di queste condizioni è rispettata.

Paghiamo tanto. Otteniamo poco. A volte, non otteniamo niente.

Famiglie Attratte da Promesse, ma Lasciate Sole

Sì, anche alcune famiglie contribuiscono a mantenere questo sistema.

Rinunciano alla presa in carico diretta della ASL per rivolgersi ai centri accreditati. Spesso attratti da strutture che sembrano più “organizzate” o disponibili. Ma così facendo, scelgono una logica produttiva che non rispecchia quasi mai il giusto modello di terapie per l’autismo.

C’è chi produce carta igienica e deve venderla. Chi fa palloni da calcio e ne deve sfornare a migliaia. Chi fa pane, pasta, pizza. E poi c’è chi produce terapie.

E come ogni produzione, deve restare in piedi, riempire slot, mantenere i carichi pieni.

Non è un’accusa. È una constatazione. È guardare in faccia la realtà e riconoscere che una logica industriale, applicata ai bisogni terapeutici, stravolge tutto.

Ma certo, continuiamo pure così. Basta chiamarla “presa in carico” e sembrerà che stiamo curando.

La Soluzione Esiste. Basta Volerla Vedere

Ed eccoci al punto più assurdo: la ASL ha la soluzione. Ce l’ha davanti agli occhi.

Eppure continua ad alimentare un sistema che divora risorse senza dare risultati.

Non è solo inefficienza. È ostinazione cieca. È incapacità di riconoscere la strada giusta, anche quando ci si inciampa sopra.

La beffa? Deve essere una madre a urlarlo pubblicamente, mentre dirigenti e ingegneri strapagati hanno il compito preciso di far quadrare i conti.

Ma non si quadra tagliando i diritti. Non si quadra ignorando i bisogni. Non si quadra riducendo i bambini a numeri.

Non serve un ingegnere aerospaziale per capirlo. Serve solo onestà. E la volontà di guardare i numeri senza chiudere gli occhi.

Questo meccanismo non è nato per caso. È il frutto di scelte politiche precise – passate e presenti – che hanno preferito esternalizzare invece di costruire.

Privatizzare invece di investire. Stipulare convenzioni invece di assumere personale.

E oggi, con i cittadini costretti a tagliare anche l’aria che respirano, diventa intollerabile continuare a gettare milioni nello stesso buco nero che ci ha portati qui.

La verità?

Una strada diversa c’è. Già tracciata. Già possibile.

Ma tocca ancora lottare per farla vedere a chi è lì proprio per indicarla.

Perché oggi, mentre la politica taglia la sanità con la precisione di un chirurgo cieco,

scaricando sui cittadini il peso di una sanità che non esiste più,

c’è una generazione di bambini che non quadra mai nei loro conti.

Marie Helene Benedetti

Presidente dell’associazione Asperger Abruzzo

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