Crisi del settore Automotive in provincia di Chieti, Cgil: ‘Senza scelte urgenti si rischia la desertificazione’
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Chieti. Di seguito l’intervento di Franco Spina Segretario Generale della Cgil Chieti sulla crisi dell’Automotive:
“Da qualche tempo, tutti gli indicatori economici e sociali, sia a livello locale che nazionale, registrano un arretramento della qualità complessiva nella nostra provincia. Dalla sanità all’istruzione, dalle infrastrutture al lavoro vi è una crescente paura per il futuro.
Se pensiamo al settore dell’automotive ad esempio, nonostante le rassicurazioni che quotidianamente arrivano dai governanti, registriamo come organizzazione sindacale un continuo e sempre più frequente ricorso agli ammortizzatori sociali sintomo che tutto bene non va.
A tal punto che molte aziende hanno ormai terminato l’utilizzo di tali strumenti e a breve dovranno riorganizzarsi mettendo mano ai livelli occupazionali.
Le cause sono molteplici, dalle crisi internazionali alle mancate politiche di accompagnamento Europee sulla transizione ecologica, alla mancanza di visione dei Paesi e della stessa Europa sul tema. Ma non vi è dubbio che manca totalmente una strategia nazionale e di implementazione regionale. Nessuno oggi affronta il tema con consapevolezza e tutti gli attori guardano a ciò che accadrà adesso con l’introduzione dei dazi Americani. Sembra quasi che tutti siano in attesa di qualcosa o qualcuno che tracci una rotta e metta in salvo la nave.
Ogni giorno che passa senza scelte pesa sulla pelle dei cittadini e dei lavoratori del territorio.
Basta raccontare che va tutto bene, che cresce l’occupazione e che il momento complicato dell’automotive è solo congiunturale.
Per quanto attiene all’aumento di occupazione occorre ricordare i dati INPS che certificano la qualità del lavoro che si crea, la nuova occupazione è precaria per l’80%, ed è caratterizzata da brevità ed incenrtezza. Il salario è più basso e i servizi connessi alle famiglie sono in continuo peggioramento dagli asili nido, alla scuola, alla sanità, al trasporto ecc. ecc. . Per tali ragioni si assiste ad uno spopolamento costante .
In merito al racconto che l’automotive vive solo un momento congiunturale, è utile ricordare che già da anni avevamo lanciato l’allarme sull’urgenza di definire strategie comuni per evitare chiusure e ridimensionamenti di imprese che vivevano e vivono nell’indotto. Penso alla componentistica ma anche alle imprese della logistica, delle mense, del pulimento per citarne alcune.
Come sindacato ogni giorno siamo chiamati a discutere con aziende in difficoltà su cassa integrazione ordinaria, straordinaria, contratti di espansione, Fis ecc. ecc., è utile ricordare che la media di aumento della cassa integrazione si attesta su 1,2 milioni di ore in più nel 2024 rispetto al 2023 con un costante mantenimento percentuale anche ad inizio 2025.
Ma tali strumenti non sono infiniti, le mancate scelte passate, impongono oggi una accelerazione senza precedenti. Ci sono aziende che hanno terminato tutti gli ammortizzatori e in assenza di novità, avvieranno le procedure di riduzione. Una eventualità che deve essere scongiurata ad ogni costo.
Per tali ragioni da tempo chiediamo che si acceleri l’iter per il riconoscimento dell’area di crisi complessa che concentra strumenti straordinari non solo per gli ammortizzatori ma sopratutto per gli investimenti, Piani di riqualificazione o di riconversione industriale necessari e urgenti. Strumento che serve il più presto possibile come ad esempio, serve agire a livello regionale con proprie risorse a sostegno di coloro che rischiano di perdere il lavoro, ci sono Regioni come il Piemonte che stanno ragionando su come intervenire in assenza di altro. Per quanto ci riguarda, anche la nostra Regione dovrebbe intraprendere iniziative simili.
Servono strumenti urgenti di sostegno al reddito ma serve ancor di più un piano di sviluppo industriale che consenta di rilanciare il lavoro e lo sviluppo.
Agire subito con programmi adeguati a livello europeo, nazionale e regionale.
Sarebbe utile che i nostri governanti ponessero a livello europeo il tema di una unica politica industriale, fiscale, della salute, energetica, infrastrutturale, sociale, del lavoro a valere per tutti i cittadini europei.
Per competere con le nuove politiche mondiali che avanzano, occorre abbandonare velocemente l’idea che ogni piccolo Stato Europeo o addirittura ogni Regione italiana da sola possa affrontare tematiche complesse che toccano la vita delle persone”.