Megalò 2 diventa un caso nazionale, durissimo intervento del professor Pileri del Politecnico di Milano
Forum H2O: “Ecco le quattro clamorose incongruenze nel parere favorevole del Comitato V.I.A., utili per continuare a contrastare il progetto riconsegnando le aree al legittimo “proprietario”, il fiume Pescara”

Chieti. Il caso dell’approvazione del progetto cd Megalò due (progetto Mirò della Sile Costruzioni) da parte del Comitato Valutazione di Impatto Ambientale della Regione Abruzzo diventa un caso nazionale grazie a un durissimo intervento del professore Paolo Pileri, ordinario di Pianificazione territoriale e ambientale al politecnico di Milano e uno dei più importanti esperti in Italia di consumo di suolo (il suo ultimo libro è “Dalla parte del suolo” edito da Laterza). Nel frattempo il Forum H2O studiando il parere favorevole alla VIA “in sanatoria” ha trovato almeno quattro clamorose incongruenze che potranno essere usate per contrastare il completamento dell’opera.
In un lungo editoriale pubblicato su Altraeconomia e ripreso con grande enfasi oggi anche da Il Fatto Quotidiano, il Prof. Pileri denuncia il paradosso di veder costruita una grande area commerciale nel pieno di un’ansa del fiume Pescara e di doverla difendere dalle piene con enormi argini e addirittura con paratoie all’ingresso. Un caso unico. Si legge nell’intervento, dopo aver ricordato la nascita di Megalò 1 “la storia ha risvolti ancora più assurdi. Il 13 marzo scorso, dopo vari ricorsi e controricorsi, gli sviluppatori hanno ottenuto il via libera al raddoppio del centro commerciale. Sempre all’interno dell’ansa fluviale ma ancor più vicino al fiume. Così più clienti, più merci, più camion, più auto entreranno e usciranno da quelle paratie e assaporeranno il brivido di possibili alluvioni”.
E poi “elenchiamo le voci indigeste di questo caso non sostenibile: consumo di suolo, edificazione in aree a pericolosità idraulica, spesa pubblica a tutela di una funzione privatissima, reiterazione del modello commerciale iperconsumistico, aumento del traffico con conseguente aumento di emissioni inquinanti e climalteranti, esposizione di persone, natura e beni a possibili danni, prossimità a siti da bonificare, valutazioni ambientali inefficaci, norme obsolete e inadeguate che la politica non cambia, ecc. Se ne potrebbe fare un laboratorio didattico per spiegare come non copiare questa urbanistica…”
Invitiamo caldamente a leggere l’intervento nella sua interezza per quanto va in profondità. Qui l’articolo: https://altreconomia.it/si-continuano-a-costruire-centri-commerciali-dentro-le-anse-fluviali-il-caso-dellabruzzo/
Nel frattempo il Forum H2O ha approfondito l’esame del parere favorevole del Comitato V.I.A. regionale votato da Erika Galeotti (presidente delegata), Giancaterino Giammaria, Giovanni Cantone, Lorenzo Ballone, Eligio Di Marzio, Serena Ciabò, Stefano Suriani e Simonetta Campana.
Emergono numerose criticità e quelle che appaiono come vere e proprie incongruenze. Ricordiamo che un precedente parere negativo era stato annullato dal Consiglio di Stato per difetto di istruttoria ma gli stessi giudici avevano fatta salva la possibilità di decidere di nuovo, in un senso o nell’altro, da parte del Comitato VIA sull’istanza di Valutazione di Impatto Ambientale “in sanatoria” depositata dall’azienda.
1)Lo stesso Comitato V.I.A. nel parere nota che la documentazione depositata dal proponente è priva del Piano di Monitoraggio ambientale. Un fatto che da solo avrebbe dovuto portare a dichiarare improcedibile la pratica per incompletezza documentale, visto che il Piano è un elemento dello Studio di Impatto Ambientale obbligatorio fin dall’inizio del procedimento, come dice inequivocabilmente la legge. Cioè dovrebbe essere oggetto anche della fase delle osservazioni del pubblico e poi della discussione sui contenuti dello stesso. Che fa invece il Comitato? Lo mette tra le prescrizioni che la ditta dovrà ottemperare successivamente, sottraendolo così non solo alla fase del procedimento propria prevista dalla legge ma anche alla dialettica con il pubblico.
2)Il Consiglio di Stato aveva criticato il Comitato VIA per aver superficialmente affrontato nel precedente parere il delicato tema dell’inquinamento atmosferico, riducendolo a poche righe.
Siamo in una Zona di Risanamento, cioè un’area dove per legge la qualità dell’aria deve essere migliorata.
Quindi il Comitato VIA avrebbe dovuto affrontare in materia dettagliata e approfondita tale aspetto. Nei documenti progettuali gli stessi proponenti ammettono che le emissioni collegate ai nuovi edifici commerciali determineranno un aumento delle emissioni, ad esempio contribuendo fino al 5% per uno dei parametri. Già questo contrasta palesemente con gli obiettivi dell’area di risanamento.
Inoltre il proponente ha inquadrato la questione tenendo in conto limiti ormai superati, visto che a ottobre 2024 la UE ha introdotto soglie molto più restrittive per la qualità dell’aria (per dire, il limite per gli NO2 dimezzano, passando da 40 microgrammi/mc a 20; le PM10 passano da 40 microgrammi/mc a 20). Di conseguenza la condizione ambientale della qualità dell’aria nell’area metropolitana è ancora più severa e critica.
I nuovi edifici commerciali entreranno in funzione nei prossimi anni e, quindi, un’analisi ambientale avrebbe dovuto tener presente la nuova normativa approvata dalla UE.
Pertanto è del tutto evidente che il Comitato avrebbe potuto (anzi, dovuto) far leva su questi dati e su queste considerazioni per affrontare la questione, cosa che sarebbe stata poi inattaccabile in sede di giustizia amministrativa.
3)Il proponente ha depositato una perizia idraulica in cui si analizza l’effetto di una piena sull’area. Il modello proposto tiene conto della portata di una piena molto rara e potente, quella con frequenza ogni 500 anni. Grazie ai grandi argini eretti a difesa dei centri commerciali, secondo la relazione il sito è diventato a rischio zero.
A parte che gli argini possono cedere, come dimostrano le recenti alluvioni in Emilia Romagna, il Comitato avrebbe dovuto anche chiedersi che succede a valle, dove si riversa la massa d’acqua che prima sfogava nell’ansa ora antropizzata. Non solo!
Avrebbe dovuto rilevare che a valle le aree di rischio sono state individuate dalla regione tenendo conto delle portate di piene più piccole, che avvengono con frequenza di 200 anni (lo stesso autore dello studio per il proponente evidenzia il diverso approccio metodologico, meno conservativo da parte della regione).
Quindi vi è già oggi una grave sottovalutazione dei rischi a valle, Pescara compresa.
Di tutte queste considerazioni estremamente rilevanti in considerazione dei rischi per la pubblica incolumità non vi è traccia nella decisione del Comitato.
4)L’istruttoria per gli aspetti ambientali degli uffici regionali alla base del successivo parere favorevole del Comitato è un mero riassunto delle tesi sostenute dal proponente, senza una propria e autonoma valutazione dei contenuti degli elaborati. Non appare, quindi, come un’istruttoria secondo quanto previsto dalle norme generali della pubblica amministrazioni e dai regolamenti della stessa regione sui compiti dei funzionari, che sono chiamati a esprimere un’analisi critica e propositiva della documentazione per aiutare la decisione.
Auspichiamo che queste ed eventuali altre criticità che dovessero emergere nel procedimento siano usate per scongiurare la definitiva occupazione dell’area, restituendola al legittimo “proprietario”, il fiume Pescara!
Qui il parere del Comitato VIA: https://acrobat.adobe.com/id/urn:aaid:sc:EU:194b1c1f-9de6-4297-be7e-5b760f891e8e