L’Aquila. La Corte di Appello penale di L’Aquila, all’esito dell’udienza di discussione di ieri, ha emesso il verdetto in merito all’atto di impugnazione presentato dalle difese contro la sentenza emessa dal gip a carico dei sei imputati nigeriani che avevano scelto in primo grado il rito alternativo dell’abbreviato.
La sentenza del primo giudizio, composta di 136 pagine di motivazioni, aveva riconosciuto tutti gli imputati colpevoli del reato di associazione a delinquere di stampo mafioso ex art. 416 bis c.p., con condanna a pene detentive e pecuniarie severe.
L’Assise di secondo grado, a contrario, all’esito delle requisitorie delle difese, ha ritenuto non sussistere, in capo a tutti gli imputati, il più grave reato di associazione di stampo mafioso che prevede sino ad un massimo edittale di 26 anni di reclusione, riqualificandolo in quello meno grave di semplice associazione a delinquere di cui all’articolo 416 c.p. La derubricazione del reato ha comportato per conseguenza la sensibile riduzione delle pene detentive applicate dal Giudice di primo grado.
In particolare, la Corte di Appello di L’Aquila ha accolto, tra le altre motivazioni contenute negli atti di gravame, quello relativo alla inesistenza nella fattispecie concreta della associazione di stampo mafioso, gridata a gran voce, sin dal primo grado di giudizio, dalle difese.
Sul punto si evidenzia che uno degli imputati coinvolti in questa annosa e complessa vicenda giudiziaria, considerato in base alla sentenza di primo grado addirittura il vice capo in Nigeria della Black – Axe, c.d. ascia nera, assistito e difeso nel doppio grado di giudizio dai legali Carlotta Federici del Foro di L’Aquila e Gisella Mesoraca del Foro di Reggio Emilia, a seguito della riqualificazione del reato operato dal Collegio, ha ottenuto una considerevole riduzione della pena, nello specifico da anni 12 e mesi sei di reclusione ad anni 4 e mesi 4 di reclusione, oltre alla revoca della misura della interdizione legale. A seguito della decisione del Superiore Giudice verrà presentata tempestivamente istanza di scarcerazione dell’imputato, atteso che non sussistono più i presupposti giuridici per l’applicazione della misura cautelare custodiale in carcere.
Si attendono le motivazioni della decisione di secondo grado, il cui deposito è previsto per il prossimo 6 maggio, al fine di valutare l’opportunità di presentare ricorso innanzi alla Suprema Corte di Cassazione.
“Dopo una indagine investigativa lunga e complessa, Giustizia è stata fatta. In un paese di diritto come il nostro, deve sempre vigere il principio in base al quale chiunque deve scontare la pena solo ed esclusivamente per i fatti effettivamente commessi, senza essere travolti dall’onda del pregiudizio e da teorizzazioni varie. Immensa soddisfazione per il risultato conseguito”, sottolinea l’avvocato Carlotta Ludovici.