Pescara. La passione per la fotografia del regista Premio Oscar Giuseppe Tornatore, negli anni siciliani della frequentazione di Mimmo Pintacuda, il proiezionista del Cinema Capitol di Bagheria e fotografo, e poi nelle immagini degli anni Novanta, durante un viaggio in Siberia.
Si ritrova tutta nelle selezione di 28 fotografie in bianco e nero e a colori che si potranno vedere alla mostra Indiscrezioni, a cura di Stefano Schirato. Dal 9 novembre al 20 dicembre a ingresso libero, l’esposizione è ospitata nella prima sala di Fondazione La Rocca a Pescara ed è presentata nell’ambito di Fla Festival di Libri e Altrecose e Mood Photography.
Giuseppe Tornatore comincia a frequentare Pintacuda all’età di otto anni. Le foto del proiezionista del Cinema Capitol di Bagheria stupiscono il futuro regista ancora bambino perché gli mostrano aspetti mai visti del suo paese natale. Grazie all’esempio e alla passione del maestro, con la sua fedele Rolleicord al seguito, Giuseppe inizia un lungo periodo di esplorazione della realtà che lo circonda.
Le immagini siciliane di quel periodo, il decennio 1967-1977, risuonano di nostalgia e orgoglio, rivelando la profonda connessione con la sua terra di origine. Il gioco dei bambini in strada, le feste popolari, i manifesti incollati ai muri, i volti, i ritratti dei suoi familiari: ogni scatto ferma nel tempo un momento e rende omaggio alle tradizioni, alle persone e ai luoghi che hanno plasmato il suo immaginario.
Dopo essersi dedicato quasi esclusivamente al cinema, il regista nel 1999 torna alla sua antica passione. L’occasione è un lavoro commissionatogli dall’Italgas: un viaggio in Siberia per raccontare Novij Urengoi, un moderno agglomerato urbano, nato intorno agli anni 80′, grazie alla scoperta di oltre 6000 miliardi di metri cubi di riserve di gas naturali. Tornatore accetta e il risultato è un alternarsi di sagome scure, quasi irriconoscibili, avvolte in bufere di neve e scene di interni familiari e quotidiani. Tornatore si spinge poi oltre il Circolo Polare Artico, dove ritrae le comunità di cacciatori di renne, rivelando un contrasto affascinante tra la vastità degli spazi aperti e l’intimità delle vite di uomini e donne che hanno imparato a vivere in armonia con un ambiente ostile.