Pescara. Suppellettili lasciate in strada anziché gettati tra i rifiuti: sarebbero queste le basi della lite che ha portato all’omicidio di Afsal Hossain Khokan, 44enne bengalese ucciso a coltellate giovedì in via Gran Sasso a Pescara.
Accusato dell’omicidio è Brahim Dahbi, 63 anni marocchino a casa del quale i carabinieri hanno trovato il coltello che avrebbe ferito il bengalese ad addome e cuore. L’accusato, in carcere da giovedì, sarà interrogato oggi dal Gip Marino ma, come riporta il quotidiano Il Centro, i rilievi eseguiti dal Nucleo investigativo dell’Arma avrebbero riscontrato sulla lama da cucina ritrovata nel lavandino di Dahbi, nonostante avesse tentato di lavarla e riporla sopra un mobile, tracce di sangue, così come sullo stesso lavandino e sui vestiti del nordafricano.
Afsla, come riferito al Messaggero dal nipote Moubarak, era arrivato in Italia su un barcone dopo aver lasciato in Bengala moglie e 5 figli, ai quali mandava i soldi che guadagnava in una paninoteca di via Regina Elena. Definisce lo zio “un ragazzo umile, gran lavoratore, non faceva discussioni, mai una lite”.
Eppure, giovedì mattina, probabilmente per un materasso e dei mobiletti lasciati in strada, la lite è scoppiata ed è finita nel peggiore dei modi.