Rigopiano. “La tragedia di Rigopiano è una ferita ancora aperta e credo che lo resterà per lungo tempo. Una pagina nera per l’Abruzzo e per l’Italia intera. Infatti, è diventato un simbolo negativo di come non si gestisce un’emergenza e di come non si organizzano i soccorsi”.
Lo ha affermato, questo pomeriggio, il presidente della Giunta regionale, Marco Marsilio, intervenuto alla commemorazione delle vittime della tragedia di Rigopiano di sette anni fa in cui persero la vita 29 persone.
“Si è ancora in attesa che i tribunali dicano una parola definitiva sulla vicenda – ha ripreso Marsilio – per far comprendere quali responsabilità vi siano state. In ogni caso, al di là di quello che sarà l’esito della giustizia, rispetto alla quale resto, comunque, più che fiducioso, Rigopiano rimane una pagina veramente oscura che non ha lasciato solo un retrogusto di dolore e di amarezza alle famiglie delle persone tragicamente scomparse ma anche all’intera comunità abruzzese”.
I parenti delle vittime, affiancati dalle istituzioni locali, si sono riunite in una fiaccolata alle ore 15:00 davanti all’obelisco dell’hotel crollato, dove sono stati deposti dei fiori e, a seguire, è stata celebrata una messa conclusa con la lettura dei nomi dei “29 angeli di Rigopiano”. Alle 16.49, ora della tragedia, un coro ha intonato il canto “Signora delle cime”, infine sono stati liberati in cielo 29 palloncini bianchi.
“Commemorare e mantenere viva la memoria di quanto accaduto a Rigopiano è più che un dovere istituzionale, è un obbligo morale di tutti, ancor più quando si rivestono cariche amministrative. C’eravamo sette anni fa, ci siamo oggi come ogni anno, in qualità di amministratori regionali, ma soprattutto come uomini e donne, padri, fratelli, zii, nonni, che in quella tragedia avrebbero potuto perdere i propri cari e che oggi hanno il compito di testimoniare e di lavorare a tutela del territorio e dei cittadini”, ha aggiunto il Presidente del Consiglio della Regione Abruzzo Lorenzo Sospiri.
“Oggi per noi sono sette anni di dolore, di lotta, soprattutto di speranza, quest’anno ancora di più c’è la consapevolezza, la forza di sapere che è stato fatto tutto quello che potevamo fare come familiari e come parte civile, per rendere pace, perché deve esserci prima la pace poi la giustizia. Solo in questo modo possiamo ottenerla noi e far sì che i nostri cari possano finalmente riposare in pace”, lo ha detto, invece, da Chieti, Alessandro Di Michelangelo, poliziotto in servizio alla Questura teatina, fratello di Dino, una delle 29 vittime di Rigopiano, alla cerimonia che ogni anno si svolge a Chieti dinanzi al momento che ricorda i morti sotto le macerie dell’hotel.
“Noi abbiamo letto attentamente le carte dell’appello, della Procura, e non smetteremo mai di ringraziarli perché sono sette anni che la Procura ha preso in carico il nostro dolore per farci sentire meno soli, i magistrati in primis ma soprattutto i nostri legali che non ci hanno mai abbandonato – ha detto ancora Di Michelangelo. Quest’anno, come un minuto prima della lettura della sentenza del febbraio dello scorso anno, eravamo fiduciosi e lo siamo ancora di più perché abbiamo capito leggendo quelle carte della Procura che la giustizia è fatta ancor prima di uomini, di donne e soprattutto di coscienze che poi di codici e di leggi. Quindi siamo ancora fiduciosi e crediamo fortemente perché già una prima verità giudiziaria c’è stata, adesso dobbiamo solo chiudere il cerchio, siamo qui in appello con la consapevolezza che ci sarà ancora un altro grado di giudizio a cui faremo ricorso sicuramente se non dovessimo trovare le risposte che cerchiamo. Le risposte a quelle domande ovvero quelle macchine incanalate pronte per scappare, con i tergicristalli alzati, le borse caricate per andar via da una percezione di pericolo che era ormai presente in tutti e questo invece questa possibilità è stata negata a 29 persone e oggi siamo qui. Noi – ha concluso Di Michelangelo- continueremo con la nostra battaglia sapendo che non siamo soli, che ci sono due magistrati valorosi e i nostri legali che non ci hanno mai abbandonato”.