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Sbarcati a Ortona i 64 migranti messi in salvo nel Mediterraneo VIDEO

Alle ore 10.15 di oggi, martedì 13 agosto, si sono concluse nel porto di Ortona le operazioni di sbarco dei 64 naufraghi a bordo della Life Support di EMERGENCY, soccorsi venerdì 9 agosto in due diversi interventi in acque internazionali della zona Sar maltese, nel Mediterraneo Centrale.

 

In tutto sono 65 le persone soccorse in questa missione, tra cui una donna, tre minori accompagnati e sette minori che viaggiavano da soli, ma durante la navigazione all’altezza di Roccella Jonica è stato necessario procedere a una evacuazione medica per un minore non accompagnato. Al momento degli interventi di soccorso, i naufraghi si trovavano su piccole imbarcazioni, inadatte ad affrontare la traversata del Mediterraneo e senza dispositivi di sicurezza.

 

“Negli oltre tre giorni di navigazione che sono stati necessari a raggiungere Ortona – spiega Miriam Bouteraa, mediatrice culturale a bordo della Life Support – le persone soccorse hanno avuto modo di raccontarsi, ma soprattutto hanno denunciato quello che hanno subìto durante la loro permanenza in Libia. Penso in particolare alla storia di un ragazzo siriano che testimonia come la Libia non sia, e non possa essere considerata, un porto sicuro dove terminare un’operazione di soccorso effettuato in mare. Questo ragazzo ci ha raccontato, infatti, di aver subito trattamenti disumani e degradanti nelle carceri libiche, di aver visto e vissuto sulla sua pelle violenze di ogni tipo, per questo la prima cosa che desidera fare in Europa è denunciare cosa accade nel Paese. Ora questo ragazzo è sbarcato, il suo sogno è studiare medicina qui in Europa e noi non possiamo che augurare il meglio a lui e a tutte le altre persone soccorse che oggi hanno potuto finalmente toccare terra.”

 

Il navigatore oceanico Ambrogio Beccaria, a bordo come soccorritore in questa missione, ha commentato appena concluso lo sbarco: “Mi sono unito alla missione della ‘Life Support’ di EMERGENCY per tre ragioni: perché sono italiano, sono europeo e sono un marinaio. La questione dei migranti ci riguarda tutti perché queste persone arrivano in Italia, ma poi si spostano in cerca di lavoro e una vita migliore in tutta l’Europa. Dopo di ché uno dei valori fondanti dell’andare per mare è salvare chiunque si trovi in difficoltà in acqua. Tutto questo è molto molto, molto vicino ai miei valori”.

 

I 64 naufraghi soccorsi e sbarcati oggi dalla Life Support provengono da Egitto, Eritrea, Siria e Bangladesh, paesi devastati da guerra, violenze, povertà, insicurezza economica e politica.

 

“Nel mio Paese sono stato minacciato più volte per le mie idee – racconta un ragazzo siriano a bordo – avevo paura per la mia incolumità e di esser fatto sparire come tante altre persone negli scorsi anni in Siria, quindi ho deciso di partire per provare a raggiungere l’Europa. Il viaggio è durato più di due anni e solo ora sono riuscito ad andarmene dalla Libia, dove fin da subito la mia esperienza è stata segnata da violenza e da sfruttamento, in balia di trafficanti, miliziani, polizia. Ho tentato di fare il viaggio nove volte e per otto volte sono stato arrestato, oppure la nostra barca si è rotta poco dopo la partenza e siamo dovuti tornare indietro a nuoto. Durante questi due anni e passa, con i miei compagni di sventura siamo stati picchiati, torturati, venduti come merce da un gruppo di milizie all’altro. In Libia ogni straniero è visto come una merce per i trafficanti: attraverso i riscatti o riducendo le persone in condizioni di schiavitù, lucrano sulla pelle di migliaia di migranti che vanno in Libia per cercare un futuro migliore. In questi due anni ho visto di tutto ma ho sempre tenuta viva la speranza che un giorno sarei riuscito a raggiungere l’Europa – conclude – e grazie a voi oggi finalmente posso mettere piede in un Paese sicuro per la prima volta nella mia vita.”

 

 

“Me ne sono andato dal mio paese perché mi era stato promesso un lavoro sicuro e una vita tranquilla in Libia – racconta un giovane ragazzo del Bangladesh a bordo – ma non sapevo quello a cui andavo incontro. Ci sono delle persone in Bangladesh che ti convincono a partire per la Libia per lavorare, in realtà quando ci sono arrivato insieme a un gruppo di ragazzi ci hanno portati in una casa in mezzo al nulla dove ci tenevano rinchiusi, finché non ci hanno portati a lavorare in un supermercato. Un mese e mezzo dopo aver iniziato a lavorare ancora non mi avevano pagato il primo stipendio e se protestavo mi minacciavano con violenza. Ho capito che non avrei mai trovato un posto dignitoso dove lavorare in Libia: non mi avrebbero mai pagato perché venendo dal Bangladesh sapevano di potersi permettere di sfruttarmi. Allora sono scappato e ho deciso di provare ad attraversare il Mediterraneo per raggiungere l’Europa. La barca che ci hanno dato era piccolissima per tutti quanti eravamo, ma a quel punto non potevo tornare indietro, dovevo partire, non sarei mai tornato in Libia. Ho avuto molta paura la prima notte in mare perché non c’era luna, il cielo e il mare si fondevano in una macchia oscura e sembrava che il mare non finisse mai. Per fortuna la seconda notte ci avete trovati voi, ora spero di poter aiutare la mia famiglia”.

 

 

La nave Sar di EMERGENCY, che opera nel Mediterraneo centrale da dicembre 2022, ha completato la sua 23° missione e sino ad oggi ha soccorso un totale di 1.962 persone. E da domani si prepara a ripartire. Il Mediterraneo Centrale è una delle rotte migratorie più letali al mondo, dove dal 2014 ci sono state oltre 23.700 vittime. Impegnarsi per tutelare i diritti delle persone in movimento a partire da quello alla vita, è la cosa giusta da fare. Proprio la nave di EMERGENCY per svolgere missioni di Search end rescue, era l’ultimo grande progetto di Gino Strada, chirurgo e fondatore di EMERGENCY, scomparso 3 anni fa, il 13 agosto 2021. Per questo sulle murate della Life Support, è scritta una sua frase: “I diritti sono di tutti, altrimenti chiamateli privilegi”, che riassume la filosofia che ispira questo, come tutti i progetti dell’Ong.

 

 

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