Aumenti Irpef, “Sì, ci sono, ma solo per i ricchi”
Le parole della consigliera Marilena Rossi

“Altro che stangata generalizzata. L’aumento dell’addizionale IRPEF in Abruzzo è un bisturi, non un’accetta. Ma provate a spiegarlo a un centrosinistra che, con memoria corta quanto selettiva, grida oggi allo scandalo, dimenticando il proprio passato fiscale e le scelte che, precedentemente, hanno danneggiato i redditi più bassi”.
A dirlo la consigliera regionale Marilena Rossi.
“Sì, aumentiamo le tasse” – ha dichiarato senza giri di parole. “Ma non per tutti. Solo per chi guadagna oltre i 52.000 euro lordi all’anno, corrispondenti a 47.000 euro di imponibile Irpef, ovvero meno del 10% dei contribuenti abruzzesi. Altro che colpo alle famiglie: si tratta di un’operazione chirurgica, lontana dalle manovre del passato, quando a pagare erano i redditi bassi e medio-bassi. Nel 2006 fu proprio un governo di centrosinistra (Prodi, per chi avesse dimenticato) ad aprire la strada agli aumenti regionali, autorizzando le Regioni a innalzare l’aliquota dello 0,5%. E la Regione Abruzzo, allora guidata da Ottaviano Del Turco, colse l’occasione al volo. Risultato? Un dipendente con 15.000 euro di reddito si vide azzerare i benefici delle detrazioni, con un aggravio secco di 75 euro in busta paga, senza contare le addizionali comunali”.
E ancora: “Chi oggi fa la morale, ieri stringeva il cappio fiscale proprio al collo di quei pensionati, che oggi porta a manifestare e che ora dice di voler proteggere. Ipocrisia fiscale in pieno stile centrosinistra. I numeri non mentono. Nel 2025, grazie alla manovra del centrodestra, chi guadagna 28.000 euro lordi, pari a 25.342 euro di imponibile Irpef (circa 2.150 euro netti al mese) pagherà meno addizionale IRPEF rispetto al 2024: da 465 euro a 423 euro. Una diminuzione reale di oltre 42 euro, che si somma al beneficio del taglio del cuneo fiscale. Lo stesso vale per chi guadagna 35.000 euro: l’addizionale scende di qualche euro e il reddito netto non subisce perdite. Si registra, piuttosto, un leggero miglioramento grazie all’accorpamento delle aliquote statali dal 25% al 23% nella fascia 15.000–28.000 euro voluta dal Governo Meloni. Per chi guadagna oltre i 52.000 euro lordi, invece, l’addizionale aumenta. Ma grazie al taglio dell’IRPEF nazionale, il saldo netto annuo resta comunque positivo: +60 euro in busta paga. Una manovra, insomma, che chiede un contributo a chi può permetterselo, salvaguardando, e in molti casi premiando, l’ampia fascia del ceto medio”.
Altro che “aumento per tutti: la maggioranza regionale ha evitato la tentazione del facile incasso, scegliendo la via politicamente più rischiosa ma fiscalmente equa. La redistribuzione della pressione fiscale è chirurgica, pensata per non colpire chi regge consumi e tenuta sociale. Una scelta che va oltre l’aritmetica tributaria: è una questione di trasparenza, responsabilità e anche di stile. Non quello delle passerelle tra i pensionati, portati a cantare “Bella Ciao” e istigati ad assaltare l’Emiciclo. Quello stile lasciamolo a chi ama gli slogan ma sparisce quando c’è da discutere in modo democratico. Chi oggi urla allo scandalo dovrebbe imparare a fare i conti. Le tasse non sono aumentate per tutti, ma solo per chi può permettersi di contribuire di più. E a dirlo non è la propaganda di una sinistra che sogna la patrimoniale ma i numeri. Gli stessi numeri che l’opposizione finge di ignorare, perché smentiscono una narrazione che non regge più il confronto con la realtà”.