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Teramo

Cento anni di pineta a Pineto: servono cittadini consapevoli per essere “città verde”

Le osservazioni dell'associazione Paliurus a conclusione della mostra per i 100 anni della pineta

Sayonara Tortoreto

Pineto. L’Associazione “Paliurus – natura, storia ed ecoturismo APS” tira le somme dell’esperienza della mostra sui 100 anni della pineta storica e raccoglie le riflessioni emerse sull’importanza del concetto identitario di “città verde”.

Lo scorso 4 agosto si è conclusa la mostra “Pineto Città Verde – 100 anni della pineta”, organizzata dall’Associazione “Paliurus – natura, storia ed ecoturismo APS” e patrocinata dal Comune di Pineto. Nelle due settimane di apertura della mostra sono stati stimati più di duemila visitatori i quali, con curiosità e vivo coinvolgimento, hanno apprezzato l’esposizione.

“Il libro delle firme”, ragguaglia l’associazione, “ha raccolto diversi commenti che, insieme alle impressioni colte dal vivo, possono essere riassunti dalle seguenti parole chiave: riconoscenza, impegno, memoria, rispetto, emozione e amore“.

L’incontro pubblico organizzato nella serata finale ha visto la partecipazione di numerosi cittadini, residenti e turisti. “L’occasione è stata utile per fare delle considerazioni conclusive sull’esperienza e per raccogliere dei propositi condivisi per gli anni futuri, riassumibili nei seguenti punti:

1) programmazione di un incontro pubblico con l’osservatorio fitopatologico della forestale per far conoscere lo stato attuale della pineta alla popolazione residente e in particolare ai titolari delle attività turistiche, affinché la comunità stessa sia più consapevole dello stato del bene pubblico “pineta”;

2) istituzione della giornata o settimana della pineta da celebrare ogni anno con attività di educazione ambientale, coinvolgendo tutti i residenti, le attività economiche e le istituzioni scolastiche locali e rendicontando lo stato del verde;

3) consegna a tutte le famiglie di Pineto del libro “Pineto, una città verde sul mare”, sulla storia della città di Pineto (cosa già proposta dagli autori in occasione della prima edizione del libro nel 1990), con l’obiettivo di rendere i cittadini conoscitori della propria storia, affinché ne siano i naturali narratori e custodi nel tempo;

4) reperimento di locali accessibili al pubblico per ospitare la mostra sui cento anni della pineta in modo permanente, vista la sua importanza, riconosciuta dalla maggior parte dei visitatori intervenuti, affinché tutti possano visitarla ogniqualvolta gli sia possibile, aiutando i cittadini stessi a essere sia fruitori che narratori della propria storia;

5) individuazione di un luogo da eleggere a Casa della Cultura e dell’Arte, neutro e libero da vincoli di partiti politici o altri di vario genere, dove si possa “fare comunità” a ogni età, dove possano trovare spazio progetti per il bene comune, cosa di cui la città di Pineto è priva e di cui ha fortemente bisogno al fine di consolidare l’identità della città e dei cittadini.

In conclusione, il suggerimento che emerge è che la pineta non deve essere solo uno spazio vuoto da riempire, cosa che negli anni, invece, sta diventando. La pineta appare oggi un elemento urbano indefinito, che sembra non esistere se non per quelle attività che aggrediscono letteralmente quello che è un sottobosco (tavoli, giochi, campetti e parcheggi per biciclette improvvisati, ecc.) e che va perdendo le funzioni più identitarie di percorso ombreggiato costiero, di filtro naturale dalla salsedine e dai venti marini, di ecosistema rifugio per piante e animali selvatici, utile al microclima, di parco urbano che contribuisce nell’insieme della spiaggia e del mare al benessere dei frequentatori, di ambiente ricreativo per l’anima, in cui trovare pace, silenzio per il riposo, per contemplare natura e paesaggio”.

“Se economia e società si muovono solo in funzione dei grandi numeri di persone e degli innumerevoli servizi uniti ai grandi consumi da garantire, di conseguenza abbiamo un limite che da anni è stato valicato a scapito della sostenibilità ambientale. Una conseguenza, forse spesso ignorata, è il rischio idraulico molto elevato dell’intero centro cittadino per via dell’edificazione diffusa in zona alluvionale. Una città che vuol definirsi “verde” dovrebbe prestare una maggiore e convinta attenzione ai temi ecologici, andando anche con maggiore lungimiranza in controtendenza rispetto agli altri centri rivieraschi”.

Tante sarebbero le azioni virtuose da intraprendere. “Perché permettere ancora alle concessioni balneari di utilizzare ombrelloni in rafia sintetica, per cui è dimostrata la dispersione nell’ambiente dei filamenti plastici? Perché utilizzare manti erbosi sintetici vicino alla spiaggia? Perché permettere l’organizzazione di grandi eventi senza una massiccia sensibilizzazione sui comportamenti da tenere su rifiuti e, cosa non banale, sul fatto di non disperdere nell’ambiente i mozziconi di sigarette? L’incentivo alle buone pratiche e alla cultura della civiltà dovrebbero essere prerequisiti di ogni iniziativa economica”.

“La celebrazione dei 100 anni della pineta non è certo quindi un’occasione per festeggiare. L’occasione deve essere quella di rilanciare l’ideale identitario, o genius loci, di Pineto come “città verde” declinandolo ai giorni nostri, contraddistinti dalla crisi climatica e da un’urbanizzazione insostenibile dei litorali. Pineto Città Verde vuol dire un intero territorio, a partire dalla pineta costiera, sempre più ricco di verde tutelato e attraente per bellezza paesaggistica e una cittadinanza attiva consapevole dei valori identitari della propria città”.

(foto: Bruno Mariani)

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