ACCEDI AL CANALE WHATSAPP E RICEVI LE TOP NEWS DEL GIORNO:

ACCEDI AL CANALE
TeramoRubriche

Il concetto di Cru: business o realtà?

lOCATELLI

Spesso notiamo sugli scaffali delle enoteche etichette recanti il nome del medesimo produttore e vitigno ma, in alcune c’è in più il nome della vigna o di una sottozona che dir si voglia; in cosa differisce il vino contenuto in quella bottiglia con più informazioni e che costa sempre di più della versione classica?

 

Sono dei “CRU” termine francofono in quanto coniato dai monaci cistercensi delle abbazie della Borgogna nel lontano XII secolo d.c. i quali iniziarono a circoscrivere con muretti di pietra le porzioni di vigna che producevano uve migliori dando quindi inizio alla viticoltura di qualità! In Italia oggi si può definire tranquillamente M.G.A. (menzione geografica aggiuntiva) come fu definita nel 1961 la vigna a nebbiolo Rocche di Castiglione nelle langhe dell’azienda Vietti! I vini di queste porzioni di territorio dovrebbero essere di qualità migliore ma soprattutto “unici” cioè con un’identità propria (gusto particolare) tale anche da giustificare prezzi molto più alti delle relative versioni “base”.

Per scoprire ciò, abbiamo organizzato una delle solite “degustazioni carbonare”, a porte chiuse nella carboneria del vino alias enoteca Saraullo, di cru di barolo dell’azienda Carlo Vietti che, dal 1890 opera in quel di Castiglione Falletto (storico borgo su una collina che compone la triade Barolo-Castiglione-Barbaresco). Le Langhe o “lingue” come la forma del territorio, ovvero la zona vitivinicola più evoluta ed antica d’Italia con un sottosuolo particolare (marne di s.agata) ed il nebbiolo tra i diversi vitigni a troneggiare sottoforma di langhe doc, barbaresco, barolo; proprio quest’ultimo abbiamo preso in considerazione nella versione più nobile di M.G.A. relativa a 3 sottozone molto diverse ma della stessa annata e stessa “mano produttrice”.

Una forma “primordiale” di barolo comparve già nel 1761 a Londra sulla tavola del presidente americano Thomas Jefferson ma allora il vino era amabile e frizzante in quanto le tecniche fermentative non erano evolute; fu nel 1830 che i marchesi Falletti e Camillo Benso conte di Cavour assoldarono l’enologo Louis Oudart che, forte delle tecniche francesi, nel 1844 creò il primo barolo secco di qualità. Più tardi, nel 1961, L’azienda Vietti avrebbe prodotto il primo cru, come già menzionato, azienda che ne possiede ben 7 di cui 3 scelti per questa degustazione: vigna Cerequio, vigna Rocche di Castiglione e vigna Lazzarito.

Ovviamente, dato l’assaggio alla cieca (come di consuetudine) e per complicare un pò le cose, ho introdotto un altro barolo (sempre di Vietti) ma in versione “base” se così si può definire un blend di vigne di alta qualità site nei dintorni di Castiglione Falletto; vi dico subito che i il prezzo dei cru è attorno ai 200 euro mentre la versione standard si attesta sui 65 euro ma il vero dilemma è se il consumatore di medio-bassa conoscenza del vino sia in grado di percepire la differenza tra le due “categorie”! Come dice lo chef Borghese, “siamo qui per scoprirlo”.

Iniziamo con il vigna Cerequio (non ho dato come primo vino il castiglione cioè il base per depistare le menti di coloro che lo davano per scontato) , vendemmia 2018, volume alcolico del 14,5% affinato per 30 mesi in botte grande e barrique (il legno di Vietti non è mai invadente) e proveniente dall’omonima collina a 350 metri s.l.m. il cui sottosuolo è composto da marne di s. agata formatesi 9 milioni di anni fa; queste marne sono famose per avere una buona parte di roccia carbonatica ed il giusto corredo di limo(sabbia finissima che favorisce la fertilità)e di argilla (trattiene e dosa le sostanze concimanti). Vigna Cerequio ha “solamente” 35 anni ed il relativo vino ha mostrato un bouquet marcato e seducente di frutti rossi maturi e spezie ma con delle note balsamiche evidentissime; un vino che fa dell’eleganza il suo forte.

Passiamo al secondo cioè il Castiglione base, un vino di eccelsa qualità tanto che non è stato riconosciuto al primo giro degustativo in quanto tecnicamente è perfetto ed ha un rapporto prezzo qualità eccezionale! Con il terzo vino torniamo ai cru ed andiamo nella vigna più “vecchia”, risalente al 1961 (primo cru prodotto da Vietti), Rocche di Castiglione a 350m. di altitudine, 10 milioni di anni d’età del sottosuolo che all’assaggio mostra un tannino più importante con un finale lunghissimo. Molto più “classico” barolo degli altri , ha ostentato tutta la “sapienza” della vigna vecchia situata nel luogo perfetto. Decisamente convincente!

Con l’ultimo vino, andiamo a vigna Lazzarito, parcella a forma di anfiteatro calcareo-argilloso ed anzianità di 45 anni; già dal colore, nel calice, si mostra decisamente diverso dagli altri con dei riflessi granati e non aranciati ed in bocca si conferma piacevolmente “selvatico”, sfacciatamente grasso e minerale con un finale particolare dato dal contrasto tra dolcezza ed astringenza del tannino! Mi ha stropicciato i sensi! La mente si affanna a cercare un’assonanza con vini assaggiati nel passato senza trovarla……perchè NON C’E’! Personalmente è stato il cru che ho gradito maggiormente anche se i degustatori si sono equamente divisi tra il Lazzarito ed il Rocche.

Il secondo giro degustativo (si ricomincia dal primo per stabilire l’eventuale assuefazione del palato e la capacità evolutiva del vino in un breve lasso di tempo) ha sentenziato che il Cerequio è rimasto “uguale” cioè non si è evoluto ma comunque in bocca è risultato sempre piacevole nonostante preceduto dal “mostruoso” Lazzarito. Il Castiglione (secondo) non ha avuto evoluzione (da un non cru non si può pretendere una seconda evoluzione) ma ha confermato di essere un ottimo ed autentico barolo quando non si vuole spendere molto! Invece, il secondo assaggio del Rocche di Castiglione, ha evidenziato l’evoluzione più marcata. Attenzione, per evoluzione intendo l’acquisizione di nuove sensazioni rispetto all’assaggio precedente SENZA perdere le sensazioni già provate al primo assaggio quindi un’aggiunta di caratteristiche organolettiche!

Lo stesso, seppur in maniera meno marcata, si è verificato per il Lazzarito che però ha rimostrato quella nota selvatica e quel finale dolce-astringente UNICI! Ma, la qualità dimostrata da questi ultimi due cru è stata la totale mancanza di assuefazione o comunque di piacere decrescente dopo il quarto/quinto sorso: pazzesco! Ecco, un vero CRU dev’essere così ed il prezzo passa in secondo piano! In conclusione, questa degustazione effettuata tra poche persone (10) in maniera vecchio stile cioè senza casino e ,con i dovuti tempi ( un’ora a giro) innanzitutto ci ha fatto crescere tantissimo come degustatori e come persone ampliando notevolmente la nostra “banca dati” di sensazioni gustative ed ha dimostrato in modo inequivocabile l’identità ed unicità dei cru di barolo Vietti dimostratisi veri archètipi quindi inimitabili.

Godere di questi vini è stato come dialogare con una persona piacevole, evoluta, gentile che varia continuamente argomenti e punti di vista tanto che lo ascolteresti per ore! Rocche di Castiglione e Lazzarito sono degli eccellenti compagni di emozioni, non hanno il dono della parola ma arrivano nel profondo dei nostri sensi! Ringrazio i degustatori per lo spirito analitico dimostrato ed il rispetto con cui hanno degustato questi “gioielli della natura” distribuiti da IL Borro, l’azienda vitivinicola di Salvatore Ferragamo la cui direzione commerciale/Italia è incarnata dal dottor Berardino Torrone, vulcanico ed erudito professionista, intenditore, AMICO, insomma un CRU umano!

Stefano Grilli – ENOTECARIO -ENOTECA SARAULLO ANNO DOMINI 1966 – TORTORETO

Articoli Correlati

Pulsante per tornare all'inizio