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Teramo

Obbligo del sabato lavorativo: sciopero alla Richetti di Sant’Atto

Sayonara Tortoreto

Teramo. Otto ore di sciopero per tutti i turni, sabato 6 luglio, per dire no all’imposizione del sabato lavorativo per tutti i mesi estivi in Richetti Spa. L’azienda di Sant’Atto, recentemente acquisita dal fondo di investimento Green Arrow , dà il primo forte segnale del nuovo corso dimostrando di avere ben chiari i vecchi metodi padronali: prima di tutto risparmiare sul costo del lavoro.

 

Dopo aver atteso fino a giugno un semplice piano ferie, lavoratrici e lavoratori di Richetti si sono visti imporre, nel giro di una settimana, l’obbligo del sabato lavorativo proprio nei mesi più caldi dell’anno: luglio, agosto e settembre.
Apparentemente l’azienda applica il CCNL, nella parte in cui prevede la cosiddetta flessibilità dell’orario, cioè la possibilità di lavorare alcune settimane fino a 48 ore e altre con orario inferiore a 40 ore per consentire il necessario recupero psicofisico.

L’azienda utilizza dunque la leva dell’obbligatorietà prevista dal CCNL e beneficia di un risparmio sulla retribuzione, visto che fin ora il lavoro del sabato era a straordinario su base volontaria e retribuito con una maggiorazione più alta. L’azienda dimentica però il CCNL quando si tratta di programmare i tempi di recupero di quelle otto ore in più a settimana imposte a lavoratrici e lavoratori su più turni di tutti i sabati estivi.
“Solo alcune settimane fa, in un incontro con le segreterie territoriali di Flai Cgil e Uila Uil, l’azienda negava vi fossero previsioni e obiettivi di produttività tali da giustificare l’esigenza di una modifica dell’orario così gravosa nei mesi del caldo estremo” – spiega Delfino Coccia segretario di Uila Uil
“Le condizioni non ci risulta siano mutate rispetto a quell’incontro – aggiunge Cristiana Bianucci segretaria della Flai Cgil – Sorprende la scelta di peggiorare le condizioni di lavoro proprio nei mesi del caldo estremo, quando di solito ci si adopera per consentire il massimo recupero psicofisico delle lavoratrici e dei lavoratori e soprattutto è amaro constatare che alla richiesta di un maggior sacrificio si faccia seguire una riduzione di fatto della retribuzione”.

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