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Teramo

Palazzo Sanità, altre reazioni politiche su abbattimento

I commenti di Rabbuffo e Azione

“Siamo stati tra i primi, se non i primi, ad occuparci della vicenda della ricostruzione del “palazzo della sanità” quando ad inizio anno, in una interrogazione in Consiglio, parlammo di occasione perduta da parte del Sindaco. D’Alberto non si interessò in alcun modo nella vicenda della demolizione e ricostruzione offrendo un’area alternativa, sebbene l’ARPA Abruzzo si fosse dichiarata disponibile a ricostruire l’edificio altrove, liberando uno spazio di gran pregio in pieno centro urbano. Ora quindi non possiamo che essere felici dell’interesse che l’argomento sta suscitando in città, provocando una vera valanga di dichiarazioni da ogni parte; il Presidente della Provincia, l’Assessore ai Lavori Pubblici, esponenti della politica e della cultura: tutti contro la ricostruzione in loco del palazzo della Sanità; al punto che forse ora il Sindaco non potrà più tenersi fuori dalla questione e dovrà in qualche modo intervenire, magari assecondando quello che dalla sua stessa maggioranza e addirittura dal suo stesso Assessore ai Lavori Pubblici viene chiesto: si ricostruisca altrove il palazzo e si recuperi uno spazio urbano di gran pregio”.

A dirlo il consigliere della Lega Berardo Rabbuffo.

“E allora qualche considerazione si impone: il ” nemico”, il “colpevole ” che vuole ricostruire il palazzo in piazza Martirii Pennesi dov’è ora, non è, come si tende a far credere, l’ARPA ma l’inerzia/ assenza con cui la nostra amministrazione comunale ha affrontato la questione: la scelta che oggi tutti reclamano avrebbe dovuto essere fatta illo tempore quando l’ARPA si dichiarò disponibile e quando per converso il Sindaco non intese in alcun modo inserirsi nella questione. L’ARPA, che è autonoma rispetto alla Regione, in totale assenza di qualsiasi proposta da parte dell’amministrazione comunale, deve proseguire l’iter, nel rispetto delle scadenze, pena la perdita dei finanziamenti. Così, quindi, si è arrivati alla situazione attuale: c’è un progetto per il nuovo edificio, con tutto quello che ciò comporta. Certo è possibile, forse, interrompere l’iter ormai obbligatoriamente avviato, chiedere all’ARPA di costruire altrove e liberare cosi lo spazio per la piazza; tutti ci auguriamo che accada: ma chi pagherà i costi dell’operazione, almeno ad oggi 800.000 euro? I cittadini, ovviamente. E allora è il caso che ci indigniamo tutti per come questa maggioranza che ci amministra  ha condotto la cosa: silenzio assoluto e disinteresse prima, quando si poteva e doveva intervenire; poi, sull’onda di una pressoché unanime volontà popolare, il maldestro tentativo di cavalcare l’onda, sposando entusiasticamente la soluzione della delocalizzazione dell’edificio e cercando di addebitare, da una parte, all’ ARPA la responsabilità della ricostruzione in loco del palazzo  e dall’altra scaricando sui cittadini i costi che, a questo punto, l’operazione di delocalizzazione richiederebbe. Che altro dire se non che questi amministratori non dovrebbero più amministrare nulla ed è proprio ora che se ne vadano a casa?”.

Per Simona Mazzilli segretario comunale Azione Teramo e Alessio D’Egidio, capogruppo Azione Consiglio Comunale Teramo, “Negli ultimi giorni abbiamo assistito ad un balletto di dichiarazioni ovvie, che hanno una volta di più messo a nudo la mancanza di visione a destra come a sinistra, tutti intenti a proclami populisti e privi di sostanza per un vero rilancio della città di Teramo. Sulla vicenda dell’abbattimento del Palazzo della Sanità in Piazza Martiri Pennesi siamo tutti concordi nel ritenere che quella piazza debba tornare a essere tale e che solo un’amministrazione miope potrebbe immaginare di sostituire un palazzo con un altro palazzo. Quello spazio, se ripensato correttamente, potrebbe essere utilizzato per parcheggi bianchi con fascia oraria, offrendo un servizio utile e concreto per cittadini e commercianti; ma un interrogativo è d’obbligo: dove collocare gli uffici che in quel palazzo erano ospitati? Sul punto, chiediamo a Comune, Provincia e Regione, che in quell’immobile vantavano uffici aperti al pubblico, di coordinarsi per: acquisire il Palazzo ex INAIL in Via Carducci, che risulta in vendita ad un prezzo più che ragionevole per collocare lì, ossia nel cuore della città gli uffici prima presenti in Piazza Martiri Pennesi, in modo da offrire una cura concreta all’agonia del centro cittadino”.

E ancora: “In quest’ottica avrebbe dovuto essere pensata altresì l’operazione di acquisto dello storico edificio che ospitava la Banca d’Italia, recentemente formalizzato dall’Amministrazione Comunale e ampiamente pubblicizzata nell’ultima settimana. Vogliamo ribadire con chiarezza che non siamo mai stati contrari all’acquisizione di questo importante bene patrimoniale, ma condanniamo fermamente la mancanza di una visione chiara e concreta che accompagni questa iniziativa. L’acquisto di un edificio così rilevante non va trattato come uno spot pubblicitario, al contrario, dev’essere inserito in un progetto solido, intelligente: il suo utilizzo deve servire a riportare gli uffici pubblici, oggi dislocati al Parco della Scienza e P.zza San Francesco, nel cuore del centro storico, rivitalizzando così la vita urbana e commerciale di quella zona. Auspicando che l’amministrazione acceleri i tempi per la riapertura della storica sede del Municipio in Piazza Orsini, l’edificio dell’ex Banca d’Italia può strategicamente diventare uno stimolo per ricostruire un traffico cittadino nella zona centrale e ciò sarebbe ancor più efficace se si realizzasse, come da noi auspicato, la collocazione degli uffici ARTA nel Palazzo ex INAIL”.

Per Azione, “Purtroppo, ad oggi, al di là dei proclami, l’Amministrazione Comunale non ha fornito alcuna indicazione concreta sulla destinazione dell’edificio ex banca d’Italia, salvo la volontà di mantenere in loco i medesimi uffici già presenti negli ultimi anni. Questa scelta, se confermata, rappresenterebbe l’ennesima occasione sprecata per fare di questo bene un volano di rigenerazione urbana. Non possiamo non sottolineare la discutibile operazione finanziaria che ha accompagnato l’acquisizione dell’ex Banca d’Italia. L’Amministrazione ha infatti deciso di ricorrere a un mutuo da 1,35 milioni di euro con la Cassa Depositi e Prestiti, nonostante nelle casse comunali fosse disponibile un avanzo di bilancio sufficiente a sostenere l’operazione.  Un mutuo che comporta inevitabilmente un indebitamento per l’ente, i cui costi ricadranno nel tempo sui cittadini: situazione evitabile, se l’Amministrazione avesse investito quell’avanzo per l’acquisizione di una struttura potenzialmente strategica, piuttosto che impegnarlo nell’acquisto di un bene già nella disponibilità della città, ovvero lo Stadio Bonolis, vicenda ormai nota su cui torniamo a insistere perché concreta dimostrazione dell’assenza di una programmazione oculata, come di una visione complessiva. Ancora una volta si è preferito destinare risorse verso operazioni che poco hanno a che fare con la reale crescita della città —ripetiamo, l’acquisto dello Stadio Bonolis — piuttosto che orientarle verso interventi capaci di renderla più vivibile, più attrattiva, più competitiva.
Ribadiamo che operazioni di tale rilievo debbano essere sempre guidate da una visione strategica per la città e da una gestione economica responsabile. Ad oggi, purtroppo, non vediamo né l’una né l’altra”.

Per Giovanni Cianci, rappresentante gruppo territoriale Movimento 5 Stelle Teramo, “Il Palazzo della Sanità nella sua attuale configurazione è quasi un manifesto della tragica stagione dei casermoni in pieno centro a Teramo, quel periodo storico che vide sorgere tante architetture fuori misura entro le mura urbane, edificazioni più brutali che brutaliste,  che cambiarono per sempre l’aspetto signorile e vagamente retrò della nostra magnifica cittadina. Bene, errare è umano, perseverare è diabolico. Il nuovo palazzone, schermato dietro una lastra di vetro ed acciaio appena movimentata da qualche aggetto, ha poco a che vedere con il contesto, con i materiali, con i colori, con i volumi della piazza circostante. Ora, si dirà che in architettura non sempre deve prevalere il dialogo con l’ambiente circostante, che le archistar hanno spesso optato per la contrapposizione rispetto all’accostamento. Può essere, ma allora si deve avere la forza espressiva di un Renzo Piano, che strappò decisamente il rapporto con il contesto a Parigi per il  suo centro Pompidou. Ma se non si hanno le  capacità e la visione di Piano, ed è questo il caso,  bisogna evitare di indulgere nell’errore della discontinuità con il tessuto edilizio esistente.Senza considerare che lo spostamento dell’immobile restituirebbe uno spazio fruibile in un’area particolarmente congestionata. Al di là della nostra posizione, abbiamo comunque  avvertito nei social, tra gli addetti ai lavori, ma anche  tra i semplici cittadini, una volontà di esprimersi su tutta l’operazione che raramente si è riscontrata in tempi recenti. Forse era dagli anni delle prime immagini dell’Ipogeo o della visualizzazione preliminare del recupero del teatro romano, quella della facciata continua in vetro che faceva tanto centro commerciale, che non si apriva un dibattito in modo così spontaneo e vivace. In questo secondo caso in particolare, fu anche grazie al plebiscitario diniego della proposta architettonica che il progetto fu modificato in meglio. Riteniamo perciò che i cittadini, come principali fruitori delle opere, soprattutto quelle particolarmente impattanti, dovrebbero potersi esprimere in nome di quella democrazia partecipata che quasi tutte le forze politiche hanno inserito nei loro programmi. Speriamo si riesca, con ulteriori approfondimenti, a trovare una soluzione che sia la migliore possibile per la città, anche mettendo da parte, se necessario,  posizioni preconcette”.

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