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Villaggio sotterraneo nelle viscere della collina di Cologna. Scoperti 8 scheletri di frati francescani

Borgatti: "Patrimonio da tutelare"

Non solo l’acquedotto del tardo Impero Romano, non solo l’elmo di epoca ostrogota. La collina di Cologna ha custodito per secoli un vero e proprio villaggio, abitato prima dai romani nell’agro compreso tra le foci del fiume Tordino, a quel tempo Batinus, e del torrente Borsacchio il cui nome risale più o meno a due secoli fa e la cui origine è legata ad un piccolo lago che aveva la forma di una borsa, e successivamente dai Bizantini e per ultimo da una comunità di pastori e agricoltori.

 

Un mese fa circa, ma la notizia è stata rivelata solo in queste ore, un agricoltore del posto, Geremia Trequatrini, mentre stava arando un pezzo di collina, a poche centinaia di metri in cui è stato rinvenuto l’acquedotto di epoca romana, ha fatto una scoperta eccezionale. L’aratro che trainava con il suo vecchio trattore cingolato Fiat 80-65 ha aperto un varco di un paio di metri di ampiezza. Il terreno ha ceduto solo in parte perché ai lati di quello che sembrava essere un vero e proprio ingresso, erano presenti due colonne. Geremia ha avvertito il figlio Tobia (la famiglia è conosciuta da queste parti perché pratica l’ascetismo) di quanto accaduto.

Hanno quindi deciso di esplorare la grotta e con delle torce sono entrati in questo passaggio stretto, non più di due metri di larghezza. Una specie di tunnel lungo più o meno 150 metri ma che ad un certo punto ha condotto, proseguendo in direzione est verso il cimitero di Cologna Spiaggia, ad una vera e propria camera sepolcrale. Geremia e Tobia non credevano ai loro occhi quando hanno notato che in 8 nicchie, sistemate in cerchio a formare una base ottagonale, c’erano degli scheletri, uno per ogni nicchia. La particolarità è che tutti e otto i resti umani avevano addosso il saio da frate. Padre e figlio hanno poi notato altri due tunnel.

Si sono incamminati e hanno notato nelle viscere della collina qualcosa di straordinario: qualcuno nei secoli passati aveva creato sottoterra, ad una profondità di circa 15 metri, un villaggio abitato forse da due o più famiglie. Da capire la correlazione con i resti dei frati. Anche se su queste colline un tempo, tra il 1400 e il 1700, c’era un antico monastero occupato proprio da una comunità di frati, poi smantellato e abbattuto. Con i materiali recuperati, come mattoni e pietre, vennero realizzate tra la fine dell’800 e gli inizi del ‘900 alcune case coloniche ancora oggi presenti ma chiaramente abbandonate. Tobia 34 anni, che nella vita fa l’agricoltore dando una grossa mano al padre, tre anni fa ha conosciuto Marco Borgatti, responsabile delle Guide del Borsacchio durante una delle iniziative a sostegno della Riserva Naturale.

I due sono diventati amici e la prima cosa che ha fatto Tobia è stata quella di avvertire Borgatti. I due, assieme a Geremia, nei giorni successivi hanno messo in sicurezza l’accesso realizzando con delle tavole recuperate da alcuni bancali una specie di scala. Hanno poi eseguito una nuova esplorazione e hanno scoperto che sul lato nord c’è un secondo ingresso. Era protetto da vegetazione e da un cumulo di terreno. Hanno ripulito l’area ed è venuto alla luce che questo ingresso era stato fortificato con delle rocce di natura dolomitica, probabilmente provenienti dal Gran Sasso, trasportate in zona anticamente con l’uso di un carro trainato da muli.

A questo punto è stata inviata da Borgatti una relazione al professor Maurizio Nomentana, docente di Storia Romana e Bizantina dell’Università di Tor Vergata sulla scoperta fatta qualche settimana fa, esattamente il 5 febbraio. C’è già stata una prima risposta da parte del professore il quale ritiene che sia necessario un approfondimento e una ricerca archeologica con una serie di scavi mirati.

Esattamente 10 giorni fa il professor Nomentana si è messo in contatto con l’archeologo Primo D’Aprile il quale ritiene, sulla base di una serie di teorie formulate dagli antichi Aztechi che vivevano a migliaia e miglia di chilometri di distanza in tutt’altro continente, tra il XIII e il XVI secolo scorso, nel punto in cui è stato scoperto il villaggio con necropoli, potesse esserci stata una porta temporale, o meglio un portale spazio-temporale per viaggiare nel tempo. Fantascienza? Chissà, la storia è solo agli inizi… E per quanto riguarda i resti dei frati? Sono ancora lì, con le mani giunte, o meglio con le ossa delle mani giunte come se stessero pregando.

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